Stevia, cervello e salute: possiamo sceglierla come dolcificante e far bene al nostro corpo?

Stevia, cervello e salute: possiamo sceglierla come dolcificante e far bene al nostro corpo?

Da qualche anno a questa parte si sente molto parlare di un “nuovo” dolcificante, esaltato per il suo essere “naturale” e per l’apporto calorico pari a zero, al quale si fa riferimento con il termine “Stevia”. Di cosa si parla esattamente, e quali sono i suoi effetti sul nostro sistema nervoso?

Sicuramente lo avete notato: ho messo le virgolette sulla parola nuovo.
Beh, l’ho fatto semplicemente perché le foglie della pianta Stevia rebaudiana Bertoni venivano utilizzate come dolcificante e medicina tradizionale già dai nativi sud-americani (in una zona tra Paraguay e Brasile) prima del XVI secolo, che ne fecero uso per centinaia di anni (Kinghorn & Soejarto, 2002).

 

La lunga storia della Stevia

Nel 1887 il botanico paraguaiano Moisés Santiago “Il Saggio” Bertoni (non scherzo, veniva proprio definito così), fu il primo a classificare questa pianta – come si può dedurre dal suo nome.

Quasi 50 anni dopo, nel 1931, due chimici francesi isolarono due composti dolcificanti dalle foglie di Stevia (Bridel & Lavieille, 1931), che vennero chiamati stevioside (formula chimica: C38H60O18) e rebaudioside A (formula chimica: C44H70O23).
Queste due sostanze sono dei glucosidi, cioè derivanti dal glucosio (formula chimica: C6H12O6).

 

Stevia: trecento volte più dolce dello zucchero

Diversi anni dopo, in Giappone si cominciò a utilizzare lo stevioside come dolcificante naturale al posto del saccarosio e dei dolcificanti non-naturali (Khiraoui et al., 2018).
A differenza dell’aspartame (di cui ho già parlato qui), 200 volte più dolce dello zucchero, lo stevioside è addirittura 300 volte più dolce di quest’ultimo, mentre il rebaudisoide A oscilla fra le 250 e le 450 volte (ibidem).

I benefici associati alle foglie di stevia sono principalmente dovuti alla loro composizione biochimica e nutrizionale.
È una buona fonte di carboidrati, proteine, fibre (Khiraoui et al., 2017), minerali, aminoacidi, flavonoidi, steroli, acidi organici e altri nutrienti (Abou-Arab et al., 2010).
I più importanti di questi composti bioattivi delle piante sono alcaloidi, flavonoidi, tannini e composti fenolici (Edeoga et al., 2005), che promuovono il benessere e riducono al minimo il rischio di alcune malattie.

Questo prodotto naturale e senza calorie è stato categorizzato come Generalmente Riconosciuto come Sicuro (GRAS, Generally Recognized As Safe) dalla Food and Drug Administration (FDA) dal 2009.

Nel 2010 l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA, European Food Safety Authority) ha stabilito un’assunzione giornaliera accettabile di stevia di 4 mg per ogni chilogrammo di peso corporeo.
Come additivo alimentare,è possibile trovarlo negli ingredienti di un cibo o una bevanda espresso con il codice E960.

 

Gli effetti della Stevia sul cervello (dei ratti)

Uno studio scientifico sui ratti ha dimostrato come l’utilizzo prolungato (per 12 settimane) di rebaudioside A non alteri né il peso corporeo né la tolleranza al glucosio, alterando invece la composizione del microbiota (di cui ho parlato in maniera dettagliata in questo articolo) e riducendo la concentrazione di tirosina idrossilasi (l’enzima che converte la L-tirosina in dopamina) e ricaptatori della dopamina a livello di un’area del cervello nota come “nucleus accumbens” (NAcc) (Nettleton et al., 2019).

In poche parole, nei ratti l’assunzione di rebaudioside A influisce sull’espressione genica nel sistema cerebrale mesolimbico (di cui fa parte il NAcc), un insieme di aree implicate, attraverso la neuromodulazione della dopamina, nella ricompensa (cioè quella proprietà attraente e motivazionale di uno stimolo che induce un comportamento appetitivo e di approccio).

Va però considerato prima di tutto che si tratta di uno studio su un modello animale, quindi non sull’uomo, e  ha inoltre mostrato come il consumo di prebiotici (sostanze che vengono utilizzate dalla flora intestinale senza essere assorbite dall’organismo) insieme al rebaudioside A tenda a mitigare le alterazioni causate dalla stevia nei circuiti di ricompensa mesolimbici e nel microbiota (ibidem).

Un altro studio su ratti ha mostrato come saccarosio (il comune zucchero, formula chimica: C12H22O11) e aspartame portino alla lunga a degenerazione dell’ippocampo, regione cerebrale importantissima per la memoria e l’orientamento nello spazio, a differenza della stevia, che non ha dimostrato effetti significativi (Mohamed et al., 2019).

Non è però ancora molto chiaro se l’utilizzo abituale di stevia, specificamente di stevioside, abbia effetti positivi o negativi nei ratti.
A evidenziare questa incertezza ci sono due studi: nel primo viene dimostrato come il trattamento con stevioside generi lesioni nelle cellule periferiche del sangue, nel fegato (dove il danno sembra maggiore), nel cervello e nella milza a diversi livelli, probabilmente dovute alle caratteristiche mutageniche del composto (Nunes et al., 2007).
Nel secondo, invece, partendo dall’induzione in due gruppi di animali di un deficit di memoria utilizzando la scopolamina (un farmaco alcaloide allucinogeno), il gruppo che era stato pretrattato con stevioside ha mostrato un attenuazione e un inversione del deficit mnestico (Sharma et al., 2010).

 

Zucchero, aspartame e stevia: il nostro cervello sa riconoscerli più del nostro palato

Una ricerca su volontari umani ha invece evidenziato che, sebbene il saccarosio, l’aspartame e la stevia conducano alla percezione dello stesso gusto, l’attivazione cerebrale da parte di queste tre soluzioni dolci è diversa (Mouillot el al., 2020).
Il nostro cervello, infatti, sembra saper distinguere fra  un sapore dolce non-nutrivito (come quello di aspartame e stevia, composti non calorici) e uno sempre dolce ma nutritivo (come quello del saccarosio, che come sappiamo è calorico), il quale attiva in maniera più consistente la via cerebrale edonica dell’ingestione di cibo (ibidem).

Inoltre, la plasticità cerebrale (ovvero la capacità dell’encefalo di modificare la propria struttura e le proprie funzionalità a seconda dell’attività dei propri neuroni) e il cambiamento nelle connessioni sinaptiche legate alla preferenza innata al gusto dolce potrebbero spiegare le differenze nell’elaborazione gustativa da parte del cervello dopo l’assunzione di saccarosio e dolcificanti diversi (Mouillot el al., 2020).

È interessante come generalmente, in condizioni di disturbi metabolici causati da un consumo intensivo di fruttosio alimentare (una forma chetosa del glucosio, formula chimica: C6H12O6), le foglie di Stevia rebaudiana Bertoni contribuiscano al controllo della plasticità neuronale (Chavushyan et al., 2017).

 

A conti fatti, la stevia fa bene o fa male?

La verità è sempre nel mezzo, e in questo caso è necessario sottolineare come siano le dosi a fare la differenza, perché sono gli eccessi, il più delle volte, a fare male.
I 4 mg per chilogrammo di peso giornalieri suggeriti dall’EFSA ci permettono sicuramente di gustare un po’ di dolcezza senza paura di effetti collaterali, o semplicemente… di ingrassare!
Adriano Acciarino
Psicologo e Ph.D. in Psicologia e Neuroscienze Sociali,
Professore a contratto di Pedagogia e Psicologia Sociale

 

 

BIBLIOGRAFIA

Abou-Arab, A. E., Abou-Arab, A. A., & Abu-Salem, M. F. (2010). Physico-chemical assessment of natural sweeteners steviosides produced from Stevia rebaudiana Bertoni plant. African Journal of Food Science, 4(5), 269-281.

Bridel, M., & Lavieille, R. (1931). The sweet principle in Kaa-he-e (Stevia rebaudiana. Bertoni). II. Hydrolysis of stevioside by enzymes. III. Steviol by enzymic hydrolysis and isosteviol by acid hydrolysis. Bull. Soc. Chim. Biol, 13, 781-96.

Chavushyan, V. A., Simonyan, K. V., Simonyan, R. M., Isoyan, A. S., Simonyan, G. M., Babakhanyan, M. A., … & Simonyan, M. A. (2017). Effects of stevia on synaptic plasticity and NADPH oxidase level of CNS in conditions of metabolic disorders caused by fructose. BMC complementary and alternative medicine, 17(1), 1-13.

Edeoga, H. O., Okwu, D. E., & Mbaebie, B. O. (2005). Phytochemical constituents of some Nigerian medicinal plants. African journal of biotechnology, 4(7), 685-688.

Khiraoui, A., Bakha, M., Amchra, F., Ourouadi, S., Boulli, A., Al-Faiz, C., & Hasib, A. (2017). Nutritional and biochemical properties of natural sweeteners of six cultivars of Stevia rebaudiana Bertoni leaves grown in Morocco. Journal of Materials and Environmental Science, 8(3), 1015-1022.

Khiraoui, A., & Guedira, T. (2018). Effect of Stevia rebaudiana, sucrose and aspartame on human health: A comprehensive. Journal of Medicinal Plants, 6(1), 102-108.

Kinghorn, A. D., & Soejarto, D. D. (2002). Discovery of terpenoid and phenolic sweeteners from plants. Pure and Applied Chemistry, 74(7), 1169-1179.

Mohamed, A. S., El-Shinnawy, N. A., & El-mageid, A. (2019). Difference between natural and artificial sweeteners: Histopathological studies on male albino rat’s brain (hippocampus). Journal of Scientific Research in Science, 36(1), 120-139.

Mouillot, T., Parise, A., Greco, C., Barthet, S., Brindisi, M. C., Penicaud, L., … & Jacquin-Piques, A. (2020). Differential Cerebral Gustatory Responses to Sucrose, Aspartame, and Stevia Using Gustatory Evoked Potentials in Humans. Nutrients, 12(2), 322.

Nettleton, J. E., Klancic, T., Schick, A., Choo, A. C., Shearer, J., Borgland, S. L., … & Reimer, R. A. (2019). Low-dose stevia (Rebaudioside A) consumption perturbs gut microbiota and the mesolimbic dopamine reward system. Nutrients, 11(6), 1248.

Nunes, A. P. M., Ferreira-Machado, S. C., Nunes, R. M., Dantas, F. J. S., De Mattos, J. C. P., & Caldeira-de-Araujo, A. (2007). Analysis of genotoxic potentiality of stevioside by comet assay. Food and chemical toxicology, 45(4), 662-666.

Sharma, D., Puri, M., Tiwary, A. K., Singh, N., & Jaggi, A. S. (2010). Antiamnesic effect of stevioside in scopolamine-treated rats. Indian journal of pharmacology, 42(3), 164.

 

Autore dell'articolo: Redazione