VITAMINA D, QUALI SONO I SUOI EFFETTI SUL NOSTRO CERVELLO?

VITAMINA D, QUALI SONO I SUOI EFFETTI SUL NOSTRO CERVELLO?

Tutti noi abbiamo sicuramente sentito parlare almeno una volta nella vita della vitamina D, probabilmente in relazione all’alimentazione e all’esposizione al sole.
Cos’è però esattamente questa vitamina, e come influisce sul nostro cervello?

 

Cos’è esattamente la Vitamina D?

 

La vitamina D è un secosteroide, ovvero un tipo di sostanza organica facente parte della categoria degli steroidi. È una sostanza necessaria per l’assorbimento da parte del nostro organismo di altre sostanze essenziali, come fosforo, calcio e magnesio.

Per essere più precisi però, è necessario parlare di “vitamine” D, cioè al plurale, in quanto esistono cinque tipologie di questi secosteroidi: D1, D2, D3, D4 e infine D5. Le più importanti per il nostro organismo sono senza dubbio la vitamina D2 (nota anche con il nome di ergocalciferolo) e la vitamina D3 (chiamata anche colecalciferolo).

Ma come facciamo ad assumere correttamente e nelle giuste dosi queste due importanti vitamine?

 

Vitamina D2

Per quanto riguarda la D2, possiamo assumerla mangiando verdure, soprattutto a foglie larghe e scure, come la cicoria e le biete, ma anche il cavolo riccio e i broccoli.

 

Vitamina  D3

La vitamina D3, invece, può sì essere assunta tramite cibo (principalmente pesce ricco di grassi, gamberi, fegato e tuorlo d’uovo), ma a differenza della D2, viene prodotta dal nostro stesso organismo (è dunque una sostanza endogena). Infatti, il nostro corpo produce vitamina D3 a livello cutaneo (della pelle), partendo dal colesterolo, attraverso una reazione chimica specifica che dipende dall’esposizione alla luce solare (nello specifico ai raggi UV-B). Proprio per questo, viene dato a questa sostanza il soprannome di “sunshine vitamin”, letteralmente “la vitamina della luce solare”, considerando inoltre che proprio tramite i raggi solari assimiliamo circa il 90% di tutto il nostro rifornimento di vitamina D (Antonucci et al., 2018).

Nei mesi estivi, la sovrapproduzione di vitamina D ne consente l’immagazzinamento da parte dell’organismo, in modo che sia disponibile in quantità adeguate anche durante il periodo invernale. La vitamina D che possiamo ottenere dalla dieta e dall’esposizione solare, però, non è di per sé in una forma biologicamente attiva, dunque non ha effetti sul nostro corpo. È necessario infatti che il nostro organismo, attraverso due reazioni chimiche una successiva all’altra, trasformi questa vitamina in calcitriolo (in gergo tecnico 1,25-diidrossicolecalciferolo) affinché possa avere effetti sul nostro organismo.

Perché però questa sostanza è così importante per noi, e cosa comporta una carenza di vitamina D?

 

Osteoporosi, rachitismo e osteomalacia: gli effetti della carenza di Vitamina D sul nostro organismo

Studi recenti suggeriscono che circa il 40% di tutti gli europei è in carenza di vitamina D, e che nel 13% dei casi questa carenza sia addirittura grave (Amrein et al., 2020). Bassi livelli di vitamina D stanno emergendo come una condizione molto comune in tutto il mondo, e diversi studi hanno evidenziato un’associazione significativa con malattie croniche e condizioni acute.

Importanti sono i suoi effetti sul nostro apparato scheletrico. Infatti, una grave carenza di questa vitamina può causare rachitismo (un difetto nella mineralizzazione delle ossa, che le rende più fragili) nei neonati o nei bambini, e osteomalacia (il corrispettivo del rachitismo negli adulti), sebbene ora siano entrambe condizioni rare nei paesi sviluppati (Chang & Lee, 2019). Tuttavia, la carenza subclinica (ovvero non patologica) di vitamina D è associata all’osteoporosi (riduzione della densità minerale delle ossa e deterioramento della loro micro-architettura), molto diffusa anche nei paesi sviluppati, e a una maggiore incidenza di cadute o fratture (ibidem).

Risulta che il 96% dei bambini affetti da rachitismo sia stato allattato al seno, e che il latte materno contenga livelli di vitamina D inadeguati. Questo ha spinto l’American Academy of Pediatrics, nel 2008, a raccomandare che i bambini allattati esclusivamente o parzialmente al seno assumessero 400 unità di vitamina D al giorno sin dai primi giorni di vita.

Inoltre, poiché i recettori (cioè le molecole a cui una sostanza si lega per avere effetti sull’organismo) della vitamina D sono presenti in tutto il corpo, concentrazioni insufficienti di vitamina D possono portare a diversi effetti anche extra-scheletrici, come complicazioni legate alla gravidanza, disfunzioni immunitarie, disturbi cardiovascolari, tumori, infarti e problemi metabolici anche molto importanti come il diabete (Whiteman, 2014).

 

L’importanza della Vitamina D per il funzionamento del Cervello

Gli ultimi 20 anni sono stati un periodo fertile per lo studio della vitamina D e delle sue diverse funzioni nel cervello. La distribuzione del recettore della vitamina D (Vitamine D Receptor, VDR) nel cervello umano è infatti stata mappata, dimostrando una sua ampia presenza in diversi tipi di cellule cerebrali (Eyles, 2021).

È stato dimostrato come variazioni indotte sperimentalmente nei livelli di vitamina D siano in grado di influenzare la differenziazione delle cellule cerebrali durante lo sviluppo, l’espressione delle neurotrofine (proteine che regolano crescita, forma e sopravvivenza dei neuroni), la regolazione delle citochine (proteine con un ruolo cruciale nella comunicazione fra sistema immunitario e sistema nervoso), la sintesi dei neurotrasmettitori (sostanze che veicolano le informazioni fra i neuroni all’interno del cervello), l’attività antiossidante e l’espressione di geni e proteine coinvolti nella struttura neuronale, nel funzionamento fisiologico e nel metabolismo (ibidem).

La vitamina D contribuisce all’attività cerebrale sia nel cervello embrionale che in quello adulto, aiutando la connettività dei circuiti neurali responsabili del comportamento motorio ed emotivo, nonché del circuito della ricompensa (di cui parlo in  questo articolo, in merito alla dipendenza da cibo) (Bivona et al., 2019).

Livelli inadeguati di vitamina D sono stati collegati a numerosi esiti avversi a livello cerebrale. In particolare, la carenza di vitamina D durante lo sviluppo (Developmental Vitamin D deficiency, DVD) risulta correlata all’insorgenza di schizofrenia (McGrath et al., 2010; Eyles et al., 2018) e, più recentemente, all’autismo. (Vinkhuyzen et al., 2017-2018; Lee et al., 2019).

La carenza di vitamina D negli adulti (Adult Vitamin D deficiency, AVD) è stata anch’essa collegata alla schizofrenia, ma in più alla malattia di Alzheimer, al morbo di Parkinson, ad altre forme di demenza, alle psicosi, ai disturbi del sonno, alla sclerosi multipla e, in generale, ai disturbi cognitivi (Eyles, 2021; Anjum et al., 2018; Bivona et al., 2019).

 

Da ormai diverso tempo sono in commercio molti integratori di vitamina D, e diversi medici li consigliano a chi riesce a prendere poco sole o ha una dieta povera di questo importante nutriente. C’è però da specificare una cosa: gli studi in merito agli effetti della vitamina D sull’organismo sono ancora pochi e metodologicamente imprecisi. È necessario dunque che la ricerca vada avanti in questa direzione, per migliorare la comprensione di questa sostanza.

Noi, intanto, andremo avanti mangiando le verdure che ci piacciono, il pesce, i gamberi e le uova, e soprattutto prendendo il sole al mare, sempre e comunque muniti di protezione solare ed evitando le ore più calde!

 

Adriano Acciarino,
Psicologo e Ph.D. in Psicologia e Neuroscienze Sociali,
Professore a contratto di Pedagogia Generale e  Sociale

 

 

BIBLIOGRAFIA

  • Amrein, K., Scherkl, M., Hoffmann, M., Neuwersch-Sommeregger, S., Köstenberger, M., Berisha, A. T., … & Malle, O. (2020). Vitamin D deficiency 2.0: an update on the current status worldwide. European journal of clinical nutrition, 74(11), 1498-1513.
  • Anjum, I., Jaffery, S. S., Fayyaz, M., Samoo, Z., & Anjum, S. (2018). The role of vitamin D in brain health: a mini literature review. Cureus, 10(7).
  • Antonucci, R., Locci, C., Clemente, M. G., Chicconi, E., & Antonucci, L. (2018). Vitamin D deficiency in childhood: old lessons and current challenges. Journal of Pediatric Endocrinology and Metabolism, 31(3), 247-260.
  • Bivona, G., Gambino, C. M., Iacolino, G., & Ciaccio, M. (2019). Vitamin D and the nervous system. Neurological research, 41(9), 827-835.
  • Chang, S. W., & Lee, H. C. (2019). Vitamin D and health-The missing vitamin in humans. Pediatrics & Neonatology, 60(3), 237-244.
  • Eyles, D. W. (2021). Vitamin D: brain and behavior. JBMR plus, 5(1), e10419.
  • Eyles D.W., Trzaskowski M., Vinkhuyzen A.A.E., et al. (2018) The association between neonatal vitamin D status and risk of schizophrenia. Sci Rep.; 8:17692.
  • Lee B.K., Eyles D.W., Magnusson C., et al. (2019) Developmental vitamin D and autism spectrum disorders: findings from the Stockholm Youth Cohort. Mol Psychiatry.; 1–11. https://doi.org/10.1038/ s41380-019-0578-y
  • McGrath J.J., Eyles D.W., Pedersen C.B., et al. (2010). Neonatal vitamin D status and risk of schizophrenia: a population-based case-control study. Arch Gen Psychiatry.; 67(9):889–94.
  • Vinkhuyzen A.A.E., Eyles D.W., Burne T.H.J., et al. (2017) Gestational vitamin D deficiency and autism spectrum disorder. Br J Psychiatry Open.; 3 (2):85–90.
  • Vinkhuyzen A.A.E., Eyles D.W., Burne T.H.J., et al. (2018) Gestational vitamin D deficiency and autism-related traits: the Generation R study. Mol Psychiatry.; 23(2):240–6.
  • Whiteman, H. (2014). Vitamin D deficiency linked to poor brain function, death after cardiac arrest . Medical News Today.

Autore dell'articolo: Redazione