“Ci troviamo di fronte a una patologia epocale.
Nessuno poteva immaginare nel mondo di avere degli obesi
delle dimensioni che vediamo oggi.
E non è questa l’epoca in cui si mangia di più!”Prof. Andrea Lenzi Pres.Fondazione per la Ricerca in Endocrinologia
Sono 22 milioni gli italiani in sovrappeso, e 6 milioni quelli affetti da obesità, con una prevalenza nelle regioni del Sud; il costo stimato dal SSN per far fronte ai problemi di salute di chi ne è affetto è di ben 9 miliardi di euro l’anno.
In Europa, 1 morte prematura su 7 dipende dalle complicanze derivanti dall’eccesso ponderale. Negli USA, dove in primis è esploso il fenomeno e dove sta toccando picchi drammatici, si scende a ben 1 morte prematura su 5.
L’obesità si è trasformata indubbiamente in una patologia epidemica tra i Paesi industrializzati, ma anche tra quelli considerati “ex” in via di sviluppo, come Cina e India.
Da 18 anni, l’11 ottobre, si celebra il World Obesity Day, che si rivolge a pazienti, comunità scientifica, medici, pediatri, genitori, politici e la società tutta, per mettere in luce la pericolosità di questa patologia e lo stigma sociale che la avvolge.
L’obesità è infatti una vera e propria patologia, una patologia multigenica, in cui un ruolo fondamentale gioca anche l’ambiente, che nelle grandi città si sta facendo sempre più obesogeno.
Ad anticipare gli eventi dell’Obesity Day di quest’anno, lo scorso 8 ottobre a Roma è stato presentato il Manifesto dell’Italian Obesity Network per un Futuro Sostenibile, una roadmap volta a migliorare la qualità di vita delle persone affette da obesità.
È fondamentale infatti che i media, le istituzioni i politici e la società tutta adeguino il linguaggio e le immagini utilizzati per parlare di obesità e che la ritraggano in modo corretto, trattandola per quello che è, ovvero una grave malattia, non un problema estetico legato alla forza di volontà.
Gli obiettivi del Manifesto dell’Italian Obesity Network:
Per cambiare lo stato delle cose bisogna prima di tutto cambiare la visione che se ne ha.
Gli interventi di prevenzione attuati finora dai singoli stati (o di concerto tra nazioni) si sono infatti dimostrati inefficaci proprio perché basati sul paradigma della “responsabilità personale dell’ammalato”: il paziente ingrassa perché non rispetta le regole, quindi è solo responsabilità sua.
Gli esperti invece concordano ormai sul fatto che l’obesità è una sia una condizione complessa, derivante (e dipendente) dall’interazione di fattori genetici, psicologici, socio-economici e ambientali.
Come affermato durante la conferenza da Giuseppe Fatati, Presidente di Italian Obesity Network (IO-Net) e della Fondazione A.D.I., “dire che un singolo alimento ci fa male fa più notizia che parlare di tutti i singoli fattri alimentari, culturali, socio-economici e genetici che portano all’obesità. La persona con obesità non è colpevole, è vittima del sistema. Dunque è il sistema che dobbiamo cambiare”.
Il Manifesto (leggibile integralmente – con tanto di firme – cliccando su questo link) proposto da IO-NET (Italian Obesity Network) e condiviso da ADI (Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica), Fondazione ADI, SIO (Società Italiana dell’Obesità), SIEDP (Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica), IBDO Foundation (ItalianBarometer Diabetes Observatory), Fondazione per la Ricerca in Endocrinologia, Italian Wellness Alliance, Milano Obesity Declaration, SIMG (Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie) e Amici Obesi (Associazione Nazionale Pazienti Obesi) chiede alla società di:
- Aumentare la consapevolezza dell’impatto dello stigma sul peso
- Impegnarsi al riguardo, per migliorare la qualità di vita delle persone affette da obesità
- Aumentare il coinvolgimento delle Istituzioni, dei medici, delle persone e dei media contro questo stigma
- Aumentare la consapevolezza sociale a tutti i livelli sulla effettiva gravità clinica che l’obesità rappresenta
- Aiutare le persone a superare le barriere che sorgono a causa dello stigma, che può impedire loro di ottenere il trattamento medico ottimale di cui hanno bisogno.
Quale è la situazione obesità in Italia?
Scendendo nel dettaglio, in Italia è in sovrappeso 1 persona su 3 (ovvero il 36%, con preponderanza tra gli uomini: 45,5%; mentre tra le donne si scende al 26,8%) e obesa 1 persona su 10.
Oltre il 66,4% delle persone con diabete di tipo 2 è anche sovrappeso o obeso.
L’obesità è infatti uno dei fattori determinanti per contrarre sia il diabete che le malattie cardio-circolatorie, due delle malattie croniche non trasmissibili più diffuse e pericolose.
Nella patria della Dieta Mediterranea, studiata per decenni da medici e nutrizionisti per la sua perfezione in termini nutrizionali e quantitativi, fa soprattutto impressione pensare che sono le nuove generazioni quelle più a rischio.
Benché negli ultimi anni si sia registrata una diminuzione del 13% dei casi, resta purtroppo molto alta la percentuale dei bambini sovrappeso e obesi in Italia (siamo il fanalino di coda dell’Europa)
I bambini italiani sono tra i più obesi d’Europa
Uno studio pubblicato su The Lancet el 2016 rilevava che in Italia a percentuale di bambini e adolescenti obesi è aumentato di quasi 3 volte rispetto al 1975.
A livello mondiale l’Italia si posiziona al 61° posto per le ragazze obese e al 46° per i ragazzi obesi, ma se ci soffermiamo solo sui Paesi Industrializzati, saliamo vertiginosamente al 6° e all’8° posto.
Gli ultimi dati della Childhood Obesity Surveillance initiative (2015-17) voluta dall’OMS, registrano che in Italia il 42% dei maschietti è obeso o in sovrappeso (solo Cipro fa peggio, con il 43%) e che anche tra le femminucce si registra uno dei tassi più alti di obesità e sovrappeso, ovvero il 38%.
Il guaio è che, per molti, un bambino in sovrappeso è solo un bambino paffuto, anzi, persino più “in salute” di uno normopeso: “il 30% genitori dei bambini in sovrappeso o gravemente obesi li dichiara bambini normopeso, o addirittura sotto peso. Inoltre, sottostimano le ore di sedentarietà dei loro figli e non percepiscono l’obesità infantile come una patologia. Ma lo è e porta con sé in latenza tutti i fattori di rischio delle malattie croniche” ha affermato durante la presentazione del Manifesto la dottoressa Giuliana Valerio, Segretaria della Società Italiana Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica.
Ovviamente questi genitori non sono dei cattivi genitori, sono genitori che amano i loro figli e che non si rendono conto di stare facendo loro un danno.
Per questo, dalle suole ai medici di base, dalle politiche ministeriali a quelle europee e globali, dalle agenzie di pubblicità ai packaging aziendali dei prodotti, è responsabilità della società tutta, quella di migliorare le condizioni di salute di questi bambini.
Il vademecum dell’Italian Obesity Network: le cose da fare o non fare, dire o non dire, per prendere nel verso giusto una dieta:
Scaricabile integralmente cliccando su questo link, è un elenco semplice ma completo, che aiuta a cambiare prospettiva sulla nostra alimentazione, sul nostro stile di vita e sul nostro diritto a stare bene.
Perché il cibo deve essere fonte di salute e di gioia, non di sofferenza, depressione e malattie.