La cucina ai tempi del Covid-19. Intervista (con ricetta!) allo chef Ugo Gastaldi

I nostri lettori più fedeli hanno già conosciuto lo chef Ugo Gastaldi.

Dopo una carriera internazionale a Washington, Parigi e in Costa Azzurra, è attualmente Executive Chef a Vistaterra, hotel di grande charme e lusso locato nell’incantevole Castello di Parella, nel cuore dell’Alto Canavese, a due passi dalla Val d’Aosta, nonché Chef consultant per il Movenpick Du Lac, l’hotel più prestigioso della Tunisia.

Ma ora – come tutti i suoi colleghi – è forzatamente a casa, causa Coronavirus: ne approfitta per muoversi con un piccolo trattore tra le vigne di famiglia, curando anche gli alberi del suo frutteto e piantando verdure ed essenze per la cucina nell’orto. Lo abbiamo raggiunto – virtualmente – per una chiacchierata sul cibo, la cucina, la ristorazione, e per carpirgli qualche segreto.

Buona lettura!

 

Chef Gastaldi, in queste settimane siamo tutti chiusi in casa. Qualche consiglio su cibi adatti, e altri da evitare, in queste condizioni “straordinarie”?

In questo periodo “straordinario”, come dici tu, il mio consiglio è di consumare cibi di facile assimilazione ricchi di fibre e possibilmente poveri di carboidrati (zuccheri). Vanno quindi molto bene le paste a ridotto tenore di glutine e quelle integrali.

La primavera, poi, ci offre una grande varietà di verdure: mi vengono in mente i primi spinaci novelli, i carciofi, le costine da taglio… insomma molti vegetali buoni ma soprattutto salutari, che contribuiscono in maniera eccellente all’apporto vitaminico, di fibre e di sali minerali di cui abbiamo bisogno particolarmente ora, quando la sedentarietà induce il nell’organismo a un accumulo di cidi urici. Sono quindi perfetti, ad esempio, gli asparagi, che contengono l’asparagina che supporta le reni nel loro compito depurativo.

Sappiamo che Lei ha sempre una grande attenzione al tema dello spreco, ovvero ad evitare – anche nei ristoranti più prestigiosi – che troppo cibo non consumato finisca nella spazzatura. In questi giorni, le ridotte disponibilità economiche e le lunghe code ai supermercati riportano ancora di più all’ordine del giorno la necessità di evitare gli sprechi. Ci può dare qualche consiglio anche in questo senso?

Gli sprechi alimentari sono sempre stata una cattiva abitudine del mondo ricco, ma non solo. È tipico dell’uomo che con l’imborghesimento ha – di fatto – abbandonato tante buone abitudini che le nostre nonne conoscevano assai bene. Una tra tutte, il riutilizzo dell’olio di frittura, il riciclo degli scarti tagliati delle verdure per farne un ottimo brodo, l’uso delle bucce di altre verdure – come ad esempio le carote – che possono essere utilizzate per farne delle gustose chips in frittura leggera, o ancora tante ricette tradizionali come torte di pane raffermo, o i canederli, che sono proprio a base di pane vecchio.  Nelle cucine dei ristoranti, ormai chiuse da quasi 2 mesi giacciono sicuramente provviste che saranno riutilizzate senza problemi, come lo scatolame (pelati, tonno, acciughe, pasta, legumi secchi…), ma per quanto riguarda tutto il resto, si spera che cuochi accorti l’abbiano conservato sottovuoto o surgelando. Metodi di conservazione che sono ormai alla portata di tutti, anche nelle case private, grazie a piccole macchine da sottovuoto dal costo contenuto.

Stagionalità: perché è importante rispettarla, e in che modo – in questi periodi di difficoltà logistiche – si può riuscire a riconoscere e scegliere i cibi “giusti”?

La stagionalità ha un doppio, anzi, triplo, valore.

Il primo riguarda il gusto: di certo, un asparago cresciuto in un campo ad aprile avrà un sapore migliore di uno cresciuto in una serra a dicembre. Il secondo è un motivo legato alla salute, perché non è un caso che la natura produca certi prodotti in certe stagioni: nella maggior parte dei casi, sono esattamente i nutrienti dei quali abbiamo bisogno in quella particolare parte dell’anno. Infine, consumare cibi stagionali ha un valore etico, perché ci riporta a consumare cibi prodotti nelle campagne che ci circondano, senza impattare eccessivamente sull’ambiente per due fondamentali ragioni: logistica, quindi minor trasporto su strada e conseguente spreco di carburanti fossili, secondo per l’utilizzo corretto di acqua. L’acqua, ricordiamolo, è il vero oro di un futuro non troppo prossimo… ecco quindi che le fragole vanno mangiate in primavera, e non d’inverno, anche perchè sono più buone!

Pensiamo ad esempio ad un cibo regale per eccellenza: il tartufo bianco (tuber magnum pico), che l’uomo ancora non è riuscito a riprodurre in piantagioni. E proprio questa la ragione alla base del miracolo, dello stupore che ognuno di noi prova quando ha la fortuna di mangiarne uno, quando torna l’autunno. Ecco, lo stupore del gusto è, in effetti, la vera dimensione della stagionalità.

A proposito di rapporto con il cibo, ormai da anni imperversano su tutti i media alcuni grandi chef. Secondo Lei, quale è il fenomeno alla base della presenza dei “i soliti noti”: 4-5 chef famosissimi, 24 ore al giorno sulla bocca, o meglio, sugli schermi di tutti gli italiani? Per quale ragione, secondo Lei, la quasi totalità degli oltre 300 chef stellati italiani non sono noti al grande pubblico?

Ormai da anni i media ci hanno abituati a giudici inflessibili, dai caratteri strabordanti e la battuta facile, che gestiscono grossolanamente il rapporto con coloro che provano a darsi alla cucina. Devo dire peraltro che li si è sempre visti solo intenti a dare giudizi, e mai a cucinare!

Quando ero bambino e iniziavo a pensare alla cucina come il “gioco” serio della mia vita, al lavoro degli chef, a quanto eravamo contenti di gustare le loro creazioni, i cuochi erano tante persone in un certo senso comuni che con grande umiltà svolgevano il proprio lavoro, duro ma appagante.

Poco tempo fa mi sono imbattuto – navigando in rete – in alcuni bellissimi video francesi degli anni ’70-’80, in cui i più grandi cuochi di Francia (Bocuse, Troigros…) cucinavano! Sì, avete capito bene: cucinavano, si mostravano mentre erano all’opera, in prima persona, senza la spocchia di chi sbandiera solo quella che io definisco “l’arroganza della conoscenza”.

Ma poi – tra l’altro – di quale conoscenza stiamo parlando? Di quella attribuita da guide gastronomiche internazionali, o della vera conoscenza di cucina? Lo dico con estremo dispiacere: è pieno il mondo di giovani chef “stellati”: saranno anche capaci di gestire un ristorante gastronomico – magari di ridotte dimensioni – ma, al netto del fatto che trasudano arroganza, quando si trovano a dover coordinare brigate di cucina da 80/100 unità che servono contemporaneamente due o tre ristoranti differenti per posizionamento dimensione e clientela… beh, queste “star” – ahimè – non sanno più dove girarsi.

Personalmente ho sempre diffidato dalle stelle o dalle forchette date e poi tolte con eccessiva rapidità. L’impressione è che spesso venga premiata più l’audacia che non la sostanza. È più bravo uno che fa dieci portate a sera, piatti belli come dei dipinti, ma creati da lui e quindi senza un elemento di confronto… o quello che ci sa fare la più buona tagliatella alla bolognese che abbiamo mai mangiato? Qui si che c’è il confronto: in tanti fanno le tagliatelle alla bolognese, e per essere quello che le fa più buone di tutti, beh, li devi dimostrare la vera sapienza in cucina.

Insomma, tanti colleghi hanno – purtroppo – lasciato i loro ristoranti per fare show. È una scelta lecita, che rispetto, e anche assai conveniente (per loro) dal punto di vista economico, però preferirei vederli chiamare per quello che sono: showman, e non più “cuochi”.

Quali sono – a suo parere – le caratteristiche di un vero “maestro” in cucina? Cosa non può mancare tra le doti di un grande cuoco?

Un vero maestro di cucina, a mio avviso, deve in primis conoscere la storia della cucina: l’evoluzione dei piatti, e conoscere la ragione storica del perché sono nate certe ricette. E poi l’umiltà: noi cuochi siamo e saremo sempre a disposizione di coloro che vorranno gioire del nostro lavoro. E per finire, il rigore. Perché l’organizzazione di una grande cucina richiede un rigore che oserei definire ”marziale”. Per quanto il nostro lavoro si sviluppi nell’intera giornata, si concentra poi – a volte con ritmi folli – durante il servizio: tutti devono mangiare bene, nel giusto tempo, e nello stesso momento! Il rigore, quindi, è fondamentale.

Permettetemi una considerazione: le cose più difficili appaiono ormai banali; ma quanto è buono un croissant, sfornato e mangiato fresco in un grande albergo, o magari una semplice omelette – fatta come si deve – a colazione? Ebbene due ricette solo apparentemente semplici: in realtà, farle davvero bene, comporta complessità estreme, e non tutti sono in grado di prepararle a regola d’arte.

Meme, video, battute sui social: ormai si parla solo di cibo, del suo consumo e della preparazione in casa. Secondo Lei, come cambierà il nostro rapporto con il cibo, dopo questa pandemia?

L’Italia è un paese ricco, e lo resterà almeno finché la nostra generazione sarà in vita. Il rapporto col cibo cambierà con la percezione della sua disponibilità. Sarà quindi bene imparare a collocarlo nelle giuste proporzioni nella nostra vita. Di certo alcuni avranno “messo su peso” in questo periodo: se acquisiremo la mentalità che ci porta a vedere gli alimenti come un necessario e piacevole sostentamento, ma anche – se abusati – fonte di pericolo per la salute, allora avremo imparato una lezione utile. Il mio augurio quindi è che il nostro rapporto con il cibo cambi, acquisendo maggior confidenza e consapevolezza di pregi e rischi di tutto quanto riguarda il mondo dell’alimentazione.

…e adesso, dalla parola ai fatti, o meglio, ai pasti! Ci regali una – semplice – ricetta che possiamo realizzare in casa, tenendo conto di tutti i fattori di cui abbiamo discusso sinora.

Ecco, per gli amici di Mangio Bene Vivo bene, una ricettina facile e sana per questi giorni:

 

Bavette di grano di Kamut con asparagi e gamberi rossi

Ingredienti per 4 persone: 400 gr di bavette di kamut, 200 gr di asparagi freschi, 200 gr di code di gamberi rossi pulite e decorticate, 30 gr di olio rigorosamente Extra Vergine di Oliva, 1 spicchio di aglio in camicia, 100 gr di pomodorini “datterino”, 20 gr di basilico e prezzemolo fresco, sale e pepe.

Mettere a bollire una pentola per far cuocere la pasta. Intanto. pulire gli asparagi eliminando la parte bianca finale, e tagliarli a rondelle non troppo spesse, e fare un trito fino del basilico e prezzemolo.

Prendere un saltiere, ovvero una padella di adeguate dimensioni, per la pasta, aggiungere olio e l’aglio in camicia, lasciando dorare, aggiungere quindi gli asparagi ed i pomodorini tagliati a metà e lasciare cuocere con qualche cucchiaio di acqua per 3/4 minuti.

Intanto tagliate i gamberi per la loro lunghezza.

Mettere a cuocere la pasta…e ricordatevi di salare l’acqua di cottura!

Scolare la pasta – conservando un bicchiere dell’acqua di cottura – e mettete la pasta nel saltiere, a fuoco alto, aggiungendo il bicchiere di acqua di cottura della pasta stessa. Fate saltare nella padella aggiustando se necessario di sale e pepe. Aggiungente i gamberi crudi continuando a saltare la pasta quanto necessario.

Spolverate con il trito di basilico e prezzemolo e impiattate, aggiungendo una grattugiata di scorza di limone prima di andare a tavola, et voilà, il piatto è servito.

Buon appetito, e… ce la faremo!

Autore dell'articolo: Redazione