Sono molti i nutrienti che ingeriamo quotidianamente per sostenere il nostro organismo: vitamine, proteine, zuccheri, fibre e tanti altri.
Quale di questi nutrienti, però, è il principale carburante per la nostra attività mentale? Il glucosio!
Demonizzarlo ed eliminarlo dalla propria alimentazione non è dunque la scelta “salutistica” che spesso ci fanno credere. (ne abbiamo già parlato qui) eppure la sua relazione con il nostro sistema nervoso non è sempre positiva… cerchiamo di capirne di più insieme nei prossimi paragrafi.
Glucosio: la prima fonte di energia per il nostro cervello
Per il cervello di tutti i mammiferi il glucosio si è rivelato essere la principale fonte di energia.
Ma cos’è il glucosio? Il glucosio (o glicosio), la cui formula molecolare è C6H12O6, è un monosaccaride (cioè è formato da carbonio, idrogeno e ossigeno), ed è il composto organico più diffuso in natura.
Nell’uomo, il peso del solo cervello rappresenta circa il 2% del peso totale corporeo, e consuma intorno al 20% dell’intera energia derivante dal metabolismo del glucosio assunto (circa 5,6 mg di glucosio per 100 g di tessuto cerebrale al minuto) (Erbsloh et al., 1958; Mergenthaler et al., 2013).
Il glucosio è quindi il carburante del nostro cervello, e la sua azione si espleta attraverso la formazione di Adenosina Trifosfato (Adenosine TriPhosfate, ATP), essenziale per i processi metabolici cellulari, e la generazione di neurotrasmettitori, cioè sostanze che permettono ai neuroni di ‘comunicare’ tra loro.
L’immagazzinamento cellulare, il trasporto e il metabolismo di glucosio sono attività strettamente legate alla regolazione del flusso sanguigno locale, e i neuroni sensibili al glucosio governano la gestione dei nutrienti fra cervello e resto del corpo (Mergenthaler et al., 2013).
Ma come “mangia” il cervello? Il metabolismo del glucosio e l’effetto ‘carburante’
La differenza di concentrazione del glucosio tra sangue e cervello (definita gradiente sangue-cervello) guida il trasporto di questo zucchero all’esterno della cellula attraverso le cellule endoteliali, le quali formano una membrana che ricopre l’interno dei vasi sanguigni, per mezzo dei trasportatori del glucosio GLUT1. Questo meccanismo fa sì che la concentrazione di glucosio nel tessuto cerebrale sia normalmente il 20% maggiore rispetto a quella nel plasma arterioso.
Inoltre, GLUT3, un trasportatore che ha velocità di trasporto molto più elevata di GLUT1, facilita l’assorbimento del glucosio nei neuroni (Simpson et al., 2007).
Questa velocità di trasporto più elevata assicura che i neuroni abbiano sufficienti scorte di glucosio a prescindere dai suoi livelli generali nell’organismo (Dienel, 2012).
La maggior parte dell’energia nel cervello viene consumata per l’elaborazione delle informazioni (Harris et al., 2012). Il metabolismo del glucosio fornisce l’energia e le basi per la biosintesi dei neurotrasmettitori .
È importante sottolineare che il glicogeno astrocitico (un polimero derivante dal glucosio prodotto dagli astrociti, cellule che nutrono e sostengono i neuroni) sembra essere direttamente rilevante per i processi di apprendimento (Hertz & Gibbs, 2009).
Inoltre, il lattato (o acido lattico), cioè il prodotto finale della degradazione del glucosio (ovvero la glicolisi), sembra svolgere un ruolo nella formazione della memoria a lungo termine (Suzuki et al., 2011). I recettori del lattato potrebbero inoltre essere cruciali nel collegare il metabolismo energetico del cervello alla neurotrasmissione (Lauritzen et al., 2013; Bergersen & Gjedde, 2012).
Quando il glucosio diventa dannoso per il cervello
I neuroni non tollerano molto bene un approvvigionamento energetico inadeguato, e l’elevata richiesta di energia del cervello lo predispone a una varietà di malattie quando le forniture di energia vengono interrotte.
Molte patologie del sistema nervoso centrale, infatti, sono la conseguenza, e talvolta anche la causa, di un disturbo del metabolismo energetico del glucosio.
La neuroglicopenia è una sindrome dello sviluppo neurologico causata da ipoglicemia (cioè ridotti livelli di zuccheri nel sangue) o carenza di GLUT1, ed è caratterizzata da ritardo mentale, coordinazione e tono muscolare anomali, convulsioni e ipometabolismo talamo-corticale (cioè della corteccia cerebrale e del talamo, un’area più profonda) (Pascual et al., 2007; Leen et al., 2010).
L’adesione a una dieta chetogena (di cui abbiamo già parlato in questo articolo) risulta efficace per la riduzione delle crisi convulsive in questi pazienti (Pascual et al., 2007).
Un’occlusione di un’arteria che irrora il cervello ( una condizione definita “trombo-embolia”) porta a un’interruzione acuta dell’afflusso di sangue a una specifica area cerebrale, causando un’ischemia (letteralmente una riduzione di afflusso di sangue).
In pochi minuti, l’esaurimento del glucosio e la compromissione delle vie bioenergetiche associate causano un’estesa morte neuronale (Dirnagl et al., 1999; Mergenthaler et al., 2004).
È stato inoltre rilevato che l’aumento dei livelli dell’enzima glicolitico (cioè che degrada il glucosio) esochinasi mitocondriale II (Mitochondrial hexokinase-II, HK-II), può però proteggere i neuroni dalla morte cellulare dovuta all’ischemia (Mergenthaler et al., 2012) e all’ipometabolismo del glucosio (Gimenez-Cassina et al., 2009).
Sembra che la sua attività protettiva sia frutto della sua azione sul citosol (cioè il fluido che si trova all’interno delle cellule), che produce effetti antiossidanti (Sun et al., 2008). Ancora molto è da indagare al riguardo.
Alzheimer, Parkinson e glucosio: una relazione da approfondire
Sebbene le malattie neurodegenerative non siano classicamente ritenute causate da disturbi del metabolismo, i difetti bioenergetici stanno emergendo come importanti meccanismi fisiopatologici in diversi disturbi (Harris et al., 2012).
Ad esempio, uno dei primi segnali della malattia di Alzheimer è una riduzione del metabolismo del glucosio cerebrale (Kapogiannis & Mattson, 2011).
Il metabolismo disregolato del glucosio, tipico di alcuni disordini metabolici come l’obesità o il diabete mellito di tipo II (di cui abbiamo parlato in questo articolo), è stato collegato alla progressione dell’Alzheimer e al deterioramento cognitivo (ibidem).
Nei pazienti affetti da malattia di Parkinson, l’ipometabolismo corticale diffuso è accompagnato da ipermetabolismo del glucosio in strutture sottocorticali (quindi più profonde rispetto alla corteccia cerebrale) (Borghammer et al., 2012).
Glucosio o non glucosio?
Come non mi stancherò mai di ripetere, nell’alimentazione ciò che conta di più sono le quantità e le abitudini.
Eliminare completamente i carboidrati dalla propria dieta per dimagrire più in fretta significherebbe far mangiare molto poco il nostro cervello, mentre esagerare con gli zuccheri, come ben sappiamo, può portare alla semplice sconfitta alla prova costume o, in casi più importanti, a patologie organiche come il diabete.
Dunque, non rinunciamo a nulla, perché ogni nutriente che assumiamo svolge un ruolo per la nostra salute, ricordiamoci di fare le analisi del sangue e lasciamoci consigliare dal nostro medico!
Adriano Acciarino,
Psicologo e Ph.D. in Psicologia e Neuroscienze Sociali,
Professore a contratto di Pedagogia Generale e Sociale
BIBLIOGRAFIA
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