Dopo la Francia, che ben 5 anni fa ha introdotto questa tassazione, anche nel Regno Unito sta per uscire una specie di “tassa anti-obesità” applicata su tutte le bevande zuccherate.
La tassa
L’imposta – che apparentemente dovranno versare importatori e produttori, e non i consumatori, fatto salvo un possibile successivo aumento delle bevande al pubblico – sarà applicata su tutti i “soft drink” che abbiano un contenuto totale di zucchero superiore ai 5 grammi per 100 millilitri, con ulteriori incrementi proporzionali al contenuto di zucchero. Il Governo britannico ha dichiarato che i proventi di questa nuova imposta saranno utilizzati principalmente per finanziare il progetto “Childood obesity: a plan for action” che si pone l’importante obiettivo di combattere il fenomeno dilagante dell’obesità infantile in UK.
Questa nuova misura, annunciata con largo preavviso per favorire l’adeguamento delle aziende produttrici ai nuovi parametri, verrà introdotta nel 2017. Il suo obiettivo è quello di tentare di ottenere una riduzione del 20% dello zucchero contenuto nelle bevande destinate ai bambini, partendo con un calo del 5% già il primo anno.
I precedenti
In Francia invece la tassa venne applicata direttamente sui prodotti finali, alzandone quindi il prezzo al consumatore senza incidere sui costi di produzione. Il comparto alimentare delle bevande gassate accusò – non senza fondamento – il governo di aver trasformato queste bevande nell’unica causa di tutti i casi di obesità registrati nel Paese, e le polemiche non si sono ancora smorzate. inoltre, diverse personalità in Francia hanno accusato il governo di classismo: l’abuso di alimenti come le bevande gassate e zuccherate riguarda infatti soprattutto le persone meno istruite e meno abbienti, che si sono ritrovate così ad essere “punite” per le loro scelte alimentari, spesso non dettate solamente da una scarsa conoscenza in campo nutrizionale, ma anche – e sopratutto – dalla limitazione di scelta imposta dal loro portafogli.
Le stesse scelte fatte negli USA dalla città di Philadelphia nel giugno scorso, quando il Consiglio Comunale ha votato a favore di una “soda tax” sulle bibite gassate pari a 1,5 centesimi per oncia (29 ml) che ha fatto aumentare il prezzo delle lattine di 18 centesimi di dollaro. In questo caso si è scelto di tassare anche le bevande definite “diet”, ovvero con edulcoranti e altri dolcificanti artificiali in sostituzione dello zucchero, che paiono invece “graziate” dal provvedimento britannico.
Le polemiche
Nella città di Philadelphia il 40% dei bambini e 3/4 degli adulti sono obesi o in sovrappeso e in molti dubitano che basterà una tassa sulle bevande gassate a far invertire la rotta. Nel caso inglese la scelta innovativa di tassare direttamente produttori e importatori vuole mettere in luce la necessità di una virata responsabilizzante per l’intero comparto produttivo.
L’industria britannica non è rimasta indifferente al provvedimento ed è già sul piede di guerra: Favin Partington, Direttore generale della British Soft Drinks Association, ha definito questo provvedimento una “tassa punitiva” che provocherà la perdita di migliaia di posti di lavoro e che comunque non avrà “un impatto significativo sui livelli di obesità”.
I dubbi sull’effettiva efficacia di questo provvedimento arrivano anche da medici e nutrizionisti inglesi: la dottoressa Sara Petersson, analista della nutrizione di Euromonitor International, ricorda che negli ultimi anni è diventato evidente che “rimpiazzare un ingrediente critico in un prodotto, o un singolo nutriente in una dieta, non è né un processo semplice per le aziende alimentari né una strategia efficace contro l’obesità”.
Le alternative
In un momento storico in cui la “guerra allo zucchero” sembra diventare globale, sorprende poi che proprio negli Stati Uniti – terra dell’ “obesità diffusa” – alcune aziende del comparto dei soft drink stiano compiendo una vera e propria rivoluzione contro gli edulcoranti: la Pepsi per prima, nel solo 2016 ha lanciato ben 3 nuove bibite sulla cui etichetta è ben segnalato che contengono zucchero, ed è comparsa sugli scaffali persino una “Pepsi Real Sugar”.
Ma non ci sono solo Pepsi e il mondo delle bevande gassate: anche un’azienda produttrice di the ha lanciato una linea di bevande pronte con infusi provenienti da tutto il mondo, ben dolcificati con zucchero “bio” di qualità. Insomma, non solo zucchero – soprattutto di canna – ma anche tutta un’altra serie di dolcificanti naturali, come estratti dai datteri, dal cocco o dal “monk fruit”, stanno prendendo il posto degli edulcoranti artificiali che per almeno 15 anni hanno dominato il mercato della produzione industriale.
Sicuramente la nuova tendenza all’alimentazione biologica e naturale ha dato una potente spinta a questa inversione di tendenza, ma anche da medici e scienziati arrivano numerose conferme che, tra zucchero e aspartame, è bene preferire sempre lo zucchero che, se di buona qualità e soprattutto assunto nelle giuste dosi, abbinato ad attività fisica, non fa ingrassare e non porta al diabete. A questo punto non ci resta che aspettare: se effettivamente le nuove tasse porteranno a una reale riduzione degli zuccheri aggiunti sarà certamente un bene per tutti: a patto però che non vengano sostituiti con edulcoranti potenzialmente cancerogeni o prodotti artificiali per nulla migliori dello zucchero, o così nuovi da non essere ancora stati efficacemente verificati nei loro effetti sulla salute.
Come sempre, noi di “Mangio Bene, Vivo Bene” crediamo nella misura e nell’equilibrio: mai abusare di un alimento, e per contro mai demonizzare un singolo alimento. Qualche bicchiere ogni tanto di una fresca bibbia gassata di certo non fa male, ma beviamo ogni giorno tanta acqua, the e tisane e spremute di frutta fresca: le buona abitudini alimentari hanno un potere ben più persuasivo e duraturo di qualunque tassa o divieto!