Disturbi alimentari: facciamo chiarezza

Spesso si parla dei Disturbi Alimentari con estrema leggerezza, si pensa che derivino dalla vanità, dal desidero di “fare la modella” (dimenticando che è un disturbo che colpisce anche il sesso maschile) o da capricci facilmente risolvibili forzando queste persone a finire quello che hanno nel piatto. La realtà è ben altra.

Cosa sono i Disturbi Alimentari?

I Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) sono patologie psicologiche che provocano alterazioni nette nelle abitudini alimentari di chi ne soffre.

Queste alterazioni nella dieta sono dettate da un’eccessiva preoccupazione per il peso e la forma del proprio corpo, spesso percepito in maniera estremamente alterata rispetto alla realtà, tanto da poter diventare anch’essa una patologia: la Dismorfofobia.

Spesso la Depressione è una concausa dei disturbi alimentari, o anche la loro origine primaria.

Colpiscono prevalentemente ragazze in età adolescenziale, ma sono in aumento i casi nell’infanzia, nell’età adulta (anche nella terza età) e nel genere maschile.

 

Quanti tipi di Disturbi Alimentari esistono?

I Disturbi Alimentari Psicogeni sono stati classificati dal DSM in 5 categorie principali, che racchiudono tutte le forme psicologicamente problematiche di rapporto con il cibo.

Sono:

  • Anoressia nervosa
  • Bulimia nervosa
  • Disturbo da alimentazione incontrollata (o binge eating disorder, BED)
  • Disturbi alimentari sotto-soglia
  • Disturbi della nutrizione (feeding disorders)

Si tratta, dunque, di vere e proprie patologie, che possono essere curate solo da personale esperto e che non vanno mai sottovalutate.

 

Cosa scatena un Disturbo Alimentare?

Come spiega bene la Società Italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare (SISDCA) si tratta di disturbi bio-psico-sociali, ovvero che hanno cause multifattoriali, da quelli organici a quelli psicologici.

Insomma, ci si ammala per una concomitanza di fattori che, interagendo tra loro, favoriscono la comparsa e il perpetuarsi dei DCA.

Ci sono dei fattori predisponenti, legati a specifiche individuali (perfezionismo, bassa autostima, culto della magrezza), familiari ma anche socio-culturali (anoressia nervosa e bulimia sono infatti diffuse principalmente nei Paesi industrializzati e in quelli in via di sviluppo che attuano un processo di assimilazione della cultura occidentale).

I fattori predisponenti possono restare latenti tutta la vita, a meno di non incontrare quelli che vengono definiti i fattori scatenanti, ovvero un evento traumatico che provoca sofferenza emotiva o l’inizio di una dieta drastica (per questo ci si ammala nella complicata fase dell’adolescenza).

I fattori di mantenimento sono quelli di cui si può agire più concretamente, soprattutto quando è difficile individuare una causa precisa della patologia.

Sono tutte quelle situazioni che rinforzano e portano avanti la condizione patologica che si è innescata: dal complimento esterno per la magrezza raggiunta alla sensazione di euforia per il senso di potere e controllo che si ha sul proprio corpo, fino alla “sindrome da digiuno”, ovvero una serie complessa di sintomi e segni che coinvolgono aspetti organici, comportamentali e psichici di chi soffre di questi disturbi da un lasso di tempo abbastanza prolungato.

 

Come si riconoscono i Disturbi Alimentari?

Ci sono alcuni comportamenti tipici, che possono far scattare l’allarme nelle persone vicine all’ammalato (e nell’ammalato stesso): una diminuzione drastica della quantità e della varietà del cibo che si assume quotidianamente, saltare i pasti o digiunare interi giorni, evitare determinate tipologie di alimenti (i dolci, i grassi), l’uso di lassativi, diuretici o farmaci anoressizzanti, un aumento dell’attività fisica, crisi bulimiche in cui si mangia velocemente una enorme quantità di cibo, spesso proprio il “cibo spazzatura” che si cerca di evitare.

Non è sempre facile accorgersi del disturbo, soprattutto quando il calo ponderale non diventa drastico e gli stessi ammalati faticano a riconoscere in loro l’insorgere di una patologia: interpretano le loro azioni come azioni volte al proprio miglioramento.

A un certo punto però il disturbo diventa totalizzante e prende il predominio sull’intera vita di una persona, minando le sue capacità relazionali e lavorative, oltre che la sua salute fisica.

Il cibo e la paura di ingrassare diventano pensieri fissi, che deconcentrano dalle altre attività quotidiane.

Le festività, i compleanni, gli inviti a cena, diventano fonte di ansia estrema e tendono ad essere evitati il più possibile.

Questo finisce per isolare la persona affetta da questi disturbi, che così precipita ancor di più nella sua spirale di ossessione, depressione e solitudine.

 

Cosa dobbiamo fare se sospettiamo che qualcuno vicino a noi soffra di Disturbi Alimentari o se pensiamo di soffrire noi stessi?

Come per ogni altro tipo di malattia, è fondamentale rivolgersi a persone competenti (psicologi, psichiatri, medici), che sanno come affrontare la malattia dentro i DSM, negli ospedali o nei centri (ancora troppo pochi in Italia) che si occupano specificamente di Disturbi Alimentari.

Saranno loro che, non soltanto aiuteranno la persona in difficoltà, ma guideranno i suoi cari nella gestione e nel superamento del disturbo.

 

La spirale discendente si può interrompere, dai Disturbi Alimentari si può guarire.

 

Autore dell'articolo: Redazione