È ormai noto come l’alimentazione sia un supporto fondamentale per la salute del nostro cervello, con la maggior parte delle prove che dimostrano come la dieta mediterranea sia la più salutare fra tutte le diete (Scarmeas et al., 2018), proprio perché varia e ricca di verdure, frutta, legumi, noci, cereali, pesce e olio d’oliva (Martínez-Lapiscina et al., 2013).
Esiste inoltre un regime dietetico progettato appositamente per ridurre il rischio cardiovascolare, definito “Approcci dietetici per fermare l’ipertensione” (Dietary Approaches to Stop Hypertension, DASH), una dieta costituita da alimenti a basso contenuto di sodio, potassio, magnesio e calcio, che abbassano la pressione sanguigna riducendo i rischi di ictus, demenza e disfunzione neurocognitiva (Smith et al., 2010).
La dieta chiamata “Intervento DASH Mediterraneo per il Ritardo Neurodegenerativo” (Mediterranean-DASH Intervention for Neurodegenerative Delay, MIND) è invece una combinazione della dieta mediterranea e della DASH, specificamente composta da alimenti associati al rallentamento del declino cognitivo (Morris et al., 2015).
Molto interesse sta ultimamente suscitando un nuovo stile alimentare definito “Digiuno Intermittente” … andando oltre quello che ci promettono le riviste patinate, cosa dice davvero la scienza al riguardo?
Il digiuno intermittente: cos’è esattamente?
Il Digiuno Intermittente (in inglese Intermittent Fasting, abbreviato in IF), in riferimento ai tempi e alla frequenza del mangiare (Di Francesco et al., 2018), è l’astinenza o forte limitazione dell’ingestione di calorie per 12-48 ore alternata a periodi di assunzione regolare di cibo senza restrizioni.
Si possono distinguere tre principali varianti di IF:
- Alimentazione a Tempo Limitato (Time-Restricted Eating, TRE), caratterizzata da una finestra temporale di assunzione di cibo che dura in media 8 ore al giorno (dalle 6 ore alle 12 ore), e si suddivide in:
- eTRF (early TRF): mangiare presto durante il giorno;
- lTRF (late TRF): mangiare tardi durante il giorno;
- Digiuno a Giorni Alterni (Alternate Day Fasting, ADF), in cui le persone si alternano tra mangiare regolarmente un giorno e astenersi dal mangiare il giorno successivo;
- Dieta 5:2 o Digiuno Periodico (Periodic Fasting, PF), caratterizzato da cicli di astinenza o forte limitazione del cibo per 2 giorni alla settimana mentre il consumo di cibo non ha restrizioni per gli altri 5 giorni. Una variazione del PF è la Dieta che Mima il Digiuno (Fasting Mimicking Diet, FMD), in cui ogni mese vengono praticati 5 giorni consecutivi di assunzione molto bassa di calorie (quindi non un vero e proprio digiuno) (Brandhorst et al., 2015).
Perché digiunare?
Ma perché si sceglie di digiunare? Per dimagrire?
Non esattamente e non solo. Sembrerebbe infatti che periodi di digiuno senza cambiamenti calorici o nutrizionali possano avere effetti benefici sulla cognizione e sulla salute generale del cervello (Mattson et al., 2018).
Da un punto di vista evolutivo, le alternanze di disponibilità e scarsità di cibo sono state la normalità per la maggior parte degli esseri umani nel corso della storia (Mattson, 2015).
Come risultato di periodi di assunzione limitata di cibo, il corpo umano avvia un passaggio metabolico dal glucosio (il principale zucchero consumato dal nostro cervello, come racconto in questo articolo) ai lipidi (cioè i grassi) immagazzinati, che porta a una cascata di cambiamenti metabolici, cellulari e circadiani (ovvero di quei ritmi fisiologici che coprono le 24 ore) associati a numerosi benefici per la salute negli animali e nell’uomo (Longo et al., 2016; Mattson et al., 2017; Liu et al., 2020).
I periodi di IF sono inoltre stati associati alla riduzione del rischio di malattie di tipo neurologico (Mattson et al., 2014).
Come fa il digiuno intermittente ad avere effetti sul cervello?
Esistono diversi modi in cui l’Intermittent Fasting può avere effetti significativi sul cervello.
Come già accennato, il corpo umano avvia un passaggio metabolico dal glucosio ai lipidi immagazzinati dopo un periodo di assunzione limitata di cibo. Questi lipidi vengono metabolizzati in chetoni (di cui ho già parlato in questo articolo) i quali regolano i fattori di trascrizione (proteine che si legano al DNA regolando, appunto, la trascrizione genica) nei neuroni, e diventano il principale “combustibile” per il cervello durante il digiuno (Puchalska & Crawford, 2017).
I processi anabolici (cioè la sintesi di molecole complesse partendo da molecole più semplici e consumando energia) vengono ridotti al minimo, mentre sono favoriti i processi catabolici (che consistono nella degradazione di molecole complesse in molecole più semplici, con conseguente rilascio di energia), i quali migliorano la resistenza allo stress, la riparazione dei tessuti e il riciclaggio di proteine e molecole danneggiate (Gudden et al., 2021).
Inoltre, il digiuno intermittente assicura che i tipi di meccanismi anabolici e catabolici siano regolati in armonia con i cicli individuali di attività e riposo (i cicli circadiani di cui abbiamo parlato sopra).
Infine, l‘IF arricchisce la diversità del microbioma intestinale, il quale, attraverso l’asse microbiota-intestino-cervello (di cui ho già parlato in questo articolo), porta a cambiamenti anatomici e funzionali nell’encefalo (ibidem).
IF e neurodegenerazione
Considerando gli effetti metabolici di cui abbiamo parlato, l’IF presenta un grande potenziale per trattare e/o prevenire alcune patologie del sistema nervoso centrale.
In generale, i dati disponibili sugli effetti diretti dell’IF sui meccanismi che contribuiscono allo sviluppo di malattie neurodegenerative nell’uomo sono purtroppo ancora scarsi (Gudden et al., 2021); tuttavia, la potenziale efficacia del Digiuno Intermittente può essere dedotta anche confrontando le alterazioni genetiche legate all’IF negli esseri umani a digiuno con quelle negli animali da laboratorio.
Gli studi compiuti sia sugli animali che sull’uomo hanno dimostrato degli effetti positivi del Digiuno Intermittente sulla sclerosi multipla, sulle ischemie, sull’epilessia, sui disturbi dell’umore e sull’ansia (ibidem).
Studi effettuati invece solo sugli animali hanno dimostrato miglioramenti per il disturbo di Parkinson e per i disturbi dello spettro autistico (ibidem).
Infine, alcuni studi esclusivamente sull’uomo hanno evidenziato dei possibili effetti benefici dell’IF anche sulla malattia di Alzheimer e sul suo precursore, ovvero il deterioramento cognitivo lieve (Mild Cognitive Impairment, MCI) (Reger et al., 2004; Mindikoglu et al., 2020; Ooi et al., 2020).
I pochi dati a nostra disposizione riguardo agli effetti del digiuno intermittente sul nostro cervello sono sicuramente promettenti e la ricerca nei prossimi anni ci saprà indirizzare sempre meglio verso scelte alimentari sane, equilibrate e “terapeutiche” (perché mangiare bene significa davvero vivere bene)… ma è molto importante evitare sempre il fai da te! Per non farsi del male, è fondamentale consultare sempre un dietologo o un nutrizionista prima di prendere una scelta “estrema” come quella di digiunare per ore se non addirittura giorni interi: non tutti i fisici e non tutte le patologie possono giovarne.
Adriano Acciarino,
Psicologo e Ph.D. in Psicologia e Neuroscienze Sociali,
Professore a contratto di Pedagogia Generale e Sociale
BIBLIOGRAFIA
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