Di Francesca Antonucci*
Latte o non latte! Questo è il dubbio che attanaglia tanti frequentatori della rete e delle altre fonti di informazione. Si leggono spesso titoli sensazionalistici che scoraggiano l’impiego di latte mettendo in guardia dagli effetti deleteri di questa bevanda. (Ne avevamo già parlato, sempre in questa sezione. NdR)
In termini numerici sono molti anche i messaggi che inneggiano all’impiego di un determinato ingrediente per i presunti effetti miracolosi.
Ciò che trovo più interessante è la differenza dei due messaggi: il popolo dei contro avvalora la sua posizione con dati, numeri e nomi mentre quello dei pro è soprattutto composto di messaggi pubblicitari anche promossi dalle aziende produttrici. Nel caso del latte queste ultime mostrano mucche felici al pascolo e invidiabili famiglie allegre a colazione: a sottintendere uno stato di benessere e salute.
In questo contesto è naturale che nascano domande e necessità avere buone fonti di informazione che aiutino a dipanare i dubbi.
IL LATTE CHE C’È SEMPRE STATO
Il latte e i suoi derivati sono uno degli alimenti più antichi.
Qualche anno fa le ricerche archeologiche dell’Università di Oxford e Cambridge hanno stabilito che una delle più antiche “aziende agricole” mediterranee risale al periodo dell’Età del Rame e appartiene al settore lattiero-caseario. Il sito archeologico di Troina, in Sicilia, rivela che gli antichi abitanti erano grandi consumatori di latte e ne conoscevano già le tecniche di conservazione e lavorazione.
Da allora il latte è stato uno degli ingredienti che ha contribuito alla dieta quotidiana e allo sviluppo della tradizione gastronomica. È il principale ingrediente di ben 4 ricette del grande libro dell’Artusi, e anche fuori dai nostri confini non va diversamente: il latte è alla base delle creme più famose e indispensabili della pasticceria, prima fra tutte “la pasticcera” che farcisce i bignè dal 1700.
Il latte fa così male? Lo abbiamo impiegato fino ad ora solo perché ignari dei suoi effetti negativi?
I detrattori all’uso di questo alimento annoverano tra tutte due componenti specifiche che ne comprometterebbero la salubrità e la naturalità dell’impiego. I due componenti sono:
– la principale proteina del latte, la caseina:
– e il lattosio.
La prima è accusata di avere effetti negativi tanto gravi da essere causa dell’insorgenza di alcuni tumori, mentre il secondo responsabile di sintomi gastrointestinali fastidiosi dovuti all’intolleranza. Quest’ultima sviluppata per naturale sospensione della produzione della lattasi, l’enzima necessario alla degradazione di questo zucchero.
LA CASEINA
Il latte contiene il 3.3 % di proteine, e l’80% di queste è rappresentato dalla caseina, presente soprattutto in quattro frazioni determinate geneticamente: alpha 1 e 2, beta e kappa.
Questa molecola è diventata oggetto di interesse a seguito della pubblicità negativa che ne ha fatto in primis T. Colin Campbell, autore del China Study. “Pubblicità negativa” è un eufemismo: il suo messaggio è stato allarmistico. In realtà come sempre i dati per avere una valenza scientifica devono essere raccolti su ampi campioni di popolazione omogenea per alcune caratteristiche e devono rispondere ad uno specifico criterio di ricerca. Il China Study è un esempio di studio con scarso rigore scientifico: i risultati riportati vanno interpretati con spirito critico e competenza.
L’AIRC e la Fondazione Veronesi hanno affrontato bene questo tema sottolineando la necessità di evitare le semplificazioni. Quando si parla di tumori ci si riferisce ad un insieme di più di 200 malattie che hanno meccanismi di sviluppo e crescita molto diversi. L’effetto isolato di un solo alimento non è dimostrabile. Ad oggi è noto che lo stile di vita complessivo, abitudine al fumo, sport, qualità di vita e alimentazione influiscono sull’aumento o la riduzione del rischio di ammalarsi di tumore.
Nel caso del latte un’ampia revisione pubblicata sulla rivista scientifica Annals of Oncology ha evidenziato dati che sembrano indicare un ruolo protettivo del latte e dei suoi derivati nei confronti del tumore del colon-retto. Lo stesso vale per il tumore alla vescica.
Al contrario una metanalisi pubblicata nel 2014 sull’American Journal of Clinical Nutrition ha evidenziato un rischio maggiore di sviluppare il tumore alla prostata nei consumatori di elevate quantità di prodotti lattiero-caseari. Il fattore di rischio principale sembra essere l’assunzione di più di 2 g di calcio al giorno. Questo influenzerebbe il metabolismo della vitamina D: le cellule della prostata sembrano rispondere a queste modifiche con un’eccessiva crescita.
Nel caso del tumore al seno le evidenze scientifiche ad oggi disponibili dimostrano che calcio e la vitamina D potrebbero avere un moderato effetto protettivo nelle donne di età superiore ai 45 anni. Tuttavia i derivati del latte più grassi a causa degli elevati livelli di estrogeni in essi contenuti potrebbero aumentare il rischio di ricaduta nelle donne già colpite da tumore al seno.
IL LATTOSIO
La questione lattosio e intolleranza e innaturalità del consumo di latte non è molto diversa nelle sue conclusioni. È vero che esiste un’ampia fascia della popolazione mondiale che verifica in età adulta uno stato ipolattasia acquista. Per dare un numero, circa il 75% della popolazione mondiale soffre di questa carenza enzimatica, che è anche tra le più conosciute e ben diagnosticate con un test di laboratorio efficace: il Breath test. Il lattosio non digerito arriva nel colon dove viene fermentato dai batteri della flora intestinale con conseguente richiamo di acqua e produzione di gas in particolare idrogeno. La quantità di questo gas rispetto al valore basale viene misurata nell’aria espirata.
In Italia circa il 30-50% della popolazione soffre di questa intolleranza, ma c’è anche un’ampia fascia della popolazione che rimane per tutta la vita in uno stato di normolattasia. Queste persone possono continuare a bere latte, alimento che ha una sua dignità anche nello schema della dieta mediterranea: in cui si suggerisce di consumare al massimo due volta al giorno una porzione di latte o yogurt e 2-3 porzioni alla settimana di formaggio.
IN CONCLUSIONE
L’argomento è tutt’altro che concluso, sarebbe interessante anche approfondire il tema latte e prima infanzia e verificare se e quanto questo alimento e i suoi derivati contribuiscono all’aumento della concentrazione di colesterolo nel sangue.
Dalle considerazioni fatte per ora emerge che è sempre preferibile approfondire con la giusta competenza e tranquillità le notizie e verificarne o farne verificare la bontà delle fonti.
“Quando il sole della cultura è basso, i nani hanno l’aspetto di giganti.” Karl Kraus
Biblio e sitigrafia
http://www.mu-edu.it/cultura%20della%20salute/Latte%20e%20dintorni/storia/storia.html – Assolatte – accesso del 22.11.17
http://www.izsler.it/izs_bs/allegati/505/Imp._Opuscolo_Caseina.pdf – Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna “Bruno Ubertini” – accesso del 22.11.17
La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene – Pellegrino Artusi
http://www.airc.it/cancro/disinformazione/the-china-study/ – AIRC – accesso del 22.11.17
http://www.farmacista33.it/intolleranza-al-lattosio-spesso-non-serve-eliminare-il-latte-dalla-dieta/nutrizione/news-47364.html – Farmacista 33 – accesso del 22.11.17
https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/tools-della-salute/download/quaderni-la-salute-in-tavola/il-latte-si-o-no-cosa-dice-la-scienza-2 – Fondazione Umberto Veronesi – accesso del 22.11.17
Dairy intake in relation to prostate cancer survival. Int J Cancer. 2017 140 (9):2060-2069
*L’autore: Francesca Antonucci: prima ricercatrice, farmacista, autrice di testi di formazione e articoli scientifici. E ancora la formazione in comunicazione, diversi appassionanti corsi ed esperienze commerciali. Continuo con interesse e piacere la mia attività di writer e presto anche giornalista. All’attivo anche un blog personale per parlare di salute, alimentazione e ricette per dare un piccolo ma impegnato contributo alla buona e documentata informazione.