Pietro Fruzzetti è Brand Strategist e Web Marketing Manager e presidente di Confartigianato Firenze nella sezione comunicazione. Da sempre si impegna per far comprendere alle piccole e medie imprese, tanto quanto agli artigiani, che la comunicazione è fondamentale per la crescita dei loro progetti.Lo fa in particolare nel settore del Food.
Per questo ha ideato e realizzato il Cibiamoci Festival (della cui ultima edizione parliamo qui). In questa intervista ci spiega quanto è importante il Digitale in questo settore e cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi anni.
Chi è il brand strategist e cosa può fare per promuovere tutte quelle realtà medio-piccole che fanno grande il nome del cibo Made in Italy nel mondo?
Il Brand Strategist è un pazzo.
Oggi come oggi ci sono pochissime persone che riescono a vivere facendo solo strategie di branding. Questo perché le aziende vogliono risultati immediati, vogliono fare lead generation, vogliono i 5 segreti per diventare leader di mercato. Il Brand Strategist è colui che ascolta l’azienda, la porta nel passato per prenderne i valori, la affianca nel presente per comprenderne l’evoluzione e la spinge verso il futuro permettendole di raccontarsi in modo coerente per non rischiare di rincorrere i clienti, ma attrarli.
Quanto è importante per le medio-piccole imprese? Indispensabile, anche se si ha poco budget perché si possono creare legami indissolubili tra brand e persone.
Sei anche presidente di Confartigianato Firenze nella categoria di comunicazione. Raccontaci brevemente cosa significa.
Essere presidente di un’associazione di categoria come quella di Confartigianato significa avere sulle spalle una responsabilità, quella di rappresentare i colleghi e far crescere il gruppo per rendere dignità e lustro a figure professionali che troppe volte rischiano di essere interpretate come attività di minore importanza.
In questo senso, con il gruppo stiamo costruendo un progetto interessante per far percepire a tutti gli artigiani la differenza tra chi comunica realizzando progetti con testa e cuore.
C’è sempre stata un po’ di distanza tra l’artigiano e il consulente o l’azienda che si occupa di comunicazione. L’obiettivo del lavoro che stiamo facendo con il gruppo della mia categoria in questi mesi è di divulgare il concetto che anche noi siamo artigiani, nella comunicazione, ma siamo artigiani.
Tu sei ideatore e co-organizzatore del Cibiamoci Festival. Come ti è venuta questa idea e perché?
Un’idea che arriva da lontano. Per anni ho assistito alla difficoltà delle piccole aziende nel food a creare contenuti coerenti con il proprio brand e i propri prodotti. Cibiamoci nasce proprio per questo.
Oggi siamo ancora definiti folli a pensare che il Digital Marketing possa fare da traino per il settore enogastronomico, ma noi ci crediamo e spero davvero di poter un giorno dire che avevamo ragione.
Un evento del genere è un dispendio di energie incredibile. Arrivi al giorno successivo logorato, stanco, ma felice di sapere che hai fatto un passo in più per dimostrare che il Digitale è la via da percorrere e che hai dato qualche strumento in più a produttori e ristoratori per scegliere con consapevolezza il giusto consulente.
Quali sono gli obiettivi che ti sei posto con questo evento?
Ci eravamo dati un obiettivo: 250 presenze, sponsor di qualità e una piccola selezione di produttori veramente unici.
Ci siamo riusciti, con fatica non lo nego, ma le risposte dei visitatori sono arrivate e anche dei produttori. In queste settimane ho raccolto molti feedback e diciamo che gli obiettivi principali sono stati raggiunti.
Possiamo sempre fare meglio, non sono uno che si accontenta facilmente ma credo che in sette mesi dalla edizione “zero” non potevamo fare di meglio.
Un bilancio dopo due edizioni? Cosa ti ha soddisfatto di più e su cosa vuoi puntare nella prossima edizione?
Le due edizioni sono andate in crescendo.
Le soddisfazioni maggiori sono arrivate dal fatto che in molti si sono sentiti parte dell’evento.
Alcuni persone non perdono un appuntamento di Cibiamoci tra Tour e Festival, e sono oramai parte integrante della nostra community.
Non posso chiedere di più è la mia più grande gratificazione perché capisco che hanno compreso il fine di questo evento e l’hanno sposato.
Per la prossima edizione vorrei lavorare su una seconda giornata del Festival per aumentare le possibilità di network. Non posso dire molto altrimenti rischierei di anticipare qualcosa che tutt’ora è in fase di analisi.
Come hanno reagito gli operatori del settore Food?
C’è stata una buona partecipazione in particolare dei produttori. Purtroppo ancora c’è da fare molta evangelizzazione sull’argomento soprattutto per le piccole e medie imprese. Le grandi, le multinazionali hanno già compreso il valore dello strumento digital e lo sfruttano come sfruttano una giornata come Cibiamoci per fare formazione.
Pensi che i ristoranti e le imprese produttrici siano pronte alla socializzazione dei loro business?
In parte. Chi ha capito che fare sinergia non può che giovare, sta creando collaborazioni, ma c’è ancora molto timore e non c’è la volontà di aprirsi ad un mercato in espansione e questo non giova assolutamente.
Cibiamoci Festival è nato anche per questo. Per ispirare, creare relazioni, in una location immersa nel verde, dove relatori, sponsor e visitatori possono respirare aria diversa, aprirsi a nuove possibilità.
Un’ultima riflessione personale sul futuro del food digital marketing?
Il futuro del Food è nel Digital. Vedo tante aziende che stanno cominciando a lavorare in questa ottica, magari anche sbagliando qualcosa ma perlomeno non stanno a guardare. Per arrivare ad un futuro, serve consapevolezza e per generare consapevolezza servono ancora tre edizioni di cibiamoci festival.
Nel 2020 ne riparliamo ma sono sicuro che assisteremo in questi tre anni ad un bel cambiamento!
Grazie Pietro… e buon lavoro!