Un anno fa esatto la notizia della messa in mora da parte dell’Unione Europea all’Italia, per la norma italiana che vieta l’utilizzo di latte in polvere per la produzione di formaggi e latticini faceva letteralmente il giro del web, e delle coscienze. Le prese di posizione, le opinioni e l’ideologia hanno – come sempre in questi casi – preso il sopravvento sui fatti.
I fatti
I fatti sono in realtà piuttosto semplici: una norma italiana del 1974 vieta – di fatto – l’utilizzo di latte in polvere o altri suoi lavorati, per la produzione di latticini. La norma in realtà vieta anche la detenzione e commercio di prodotti caseari in cui sia stato utilizzato il latte in questa forma (ricordiamolo: il latte in polvere è… latte! Privato dell’acqua, garantisce una conservazione stabile molto più duratura, permettendo di ottimizzare la produzione e mantenere stabili caratteristiche organolettiche dovute alla stagionalità).
Nel 1974 ancora non erano protette dalla legge le diciture DOC DOP e IGT, che con i loro disciplinari garantiscono la qualità dei prodotti di eccellenza che tutto il mondo ci invidia, quindi scopo della norma era quello di garantire che i produttori non “truffassero” sulla genuinità e freschezza dei formaggi italiani. Peccato che l’UE garantisca un libero mercato, e quindi vietare la vendita di prodotti contenenti latte in polvere, di fatto rendeva illegale il commercio di tutti quei prodotti caseari – di minor qualità e prezzo, ovviamente – in circolazione nel resto dell’Unione.
Ecco quindi la “messa in mora” al’Italia: non porre barriere al libero commercio di prodotti UE nel tuo mercato interno. Poi – aggiungiamo noi – sarà ben il consumatore, nella corsia del supermercato, a scegliere se mangiare una sottiletta “di plastica” made in Repubblica Ceca, o una fetta di Parmigiano che solo a guardarla svieni dal godimento.
Apriti cielo.
La stampa italiana perde l’ennesima occasione per fare un po’ di corretta informazione, e guelfi e ghibellini sfoderano le penne per affondare l’argomento, ognuno dal proprio punto di vista, of course.
Il Fatto Quotidiano titola allarmato che la UE ci costringe a produrre il “formaggio senza latte” http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/28/commissione-ue-diffida-litalia-permetta-di-produrre-formaggio-anche-senza-latte/1823097/ La Stampa – sezione Economia – inscena una crociata antieuropeista (quante volte abbiamo sentito il refrain dei burocrati di Bruxelles che azichè pensare ai problemi concreti…) http://www.lastampa.it/2015/06/28/economia/lue-ci-impone-il-formaggio-senza-latte-nyuwo7SL4wvRUGBDBzMnfP/pagina.html L’Espresso ci mette “una pezza” cercando di smorzare i toni… ma proprio solo per seguire una linea editoriale “europeista” http://espresso.repubblica.it/attualita/2015/07/10/news/i-formaggi-senza-latte-li-compriamo-ogni-giorno-da-anni-1.220958 e “il fatto alimentare” coglie la palla al balzo per attaccare Coldiretti, impegnata nella solita battaglia da “lobby di produttori bugiardi e attenti solo alla propria poltrona” http://www.ilfattoalimentare.it/formaggio-senza-latte-commissione-europea.html
Qua e la un fatto, poche verità in un mare di opinioni… e il consumatore italiano trattato come sempre da “parco buoi”, nutrito a titoli indignati e munto di “click” e “like”, per creare consenso a favore di questa o quell’altra fazione, con buona pace della verità dei fatti, tanto per cambiare.
Tutt’altra questione è quella della “distinguibilità” di questi simil-formaggi: è certamente essenziale che non vengano spacciati per formaggi a latte intero ma che sia chiaramente specificato sulla confezione che si tratta di succedanei, ed è su questo che dovrebbero basarsi le battaglie degli organi di informazione e delle associazioni di tutela dei prodotti DOP.
Ciò detto, quali che siano le normative e i prodotti obiettivamene di scarsa qualità in circolazione, mangiamo solo formaggio di qualità a base di vero latte – in Italia si contano ben 403 tipi di formaggio diversi, dei quali più 30 sono tutelati da una Denominazione Tipica o di Origine! – e… buon appetito a tutti!