Quando il cibo diventa un nemico: l'anoressia nervosa

Quando il cibo diventa un nemico: l’anoressia nervosa

In questo articolo parlerò di un disturbo serio e molto noto, spesso considerato quasi solo appannaggio di star e modelle ma che in realtà è tristemente diffuso fra la popolazione mondiale: l’anoressia.

 

Anoressia: non solo un problema delle società “moderne”

L’anoressia nervosa (AN), la quale in Italia nel 2008 affliggeva lo 0,2 – 0,8% della popolazione, è comunemente considerata una malattia del mondo industrializzato moderno, ma in realtà i primi casi accertati e riconosciuti risalgono addirittura al medioevo.

All’epoca, però, una condotta alimentare di questo tipo non solo era comunemente accettata, ma si riteneva fosse un traguardo spirituale da raggiungere… Mai sentito parlare di “digiuni ascetici”? Ecco, nel medioevo era in questo modo che venivano definite queste condotte alimentari, e si pensa che anche personaggi importanti come beata Angela di Foligno e santa Caterina da Siena fossero affette da anoressia (Bell, 2002).

 

Ma cos’è esattamente l’anoressia nervosa?

L’anoressia nervosa, che nella quinta versione del Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM-5, 2013-2014) viene inserita nella categoria “disturbi della nutrizione e dell’alimentazione”, comporta una restrizione nell’assunzione di calorie in relazione alle necessità effettive dell’organismo, che porta a una significativa riduzione del peso corporeo, il quale risulta inferiore al minimo nella norma considerando età, sesso e salute fisica generale dell’individuo.

L’anoressia nervosa è anche caratterizzata da un’intensa e pervasiva paura di aumentare di peso o diventare grassi, e da una percezione distorta delle forme del proprio corpo e del proprio peso. Questa distorsione percettiva causa nei pazienti anoressici un calo dell’autostima significativo.
Possiamo identificare due sottotipi di AN:

  • con restrizioni, dove il calo di peso è ottenuto con la dieta, il digiuno (come i digiuni ascetici di cui parlavamo in precedenza) e/o l’attività fisica;
  • con abbuffate / condotte di eliminazione, in cui l’individuo si abbuffa (fenomeno noto come binge eating, di cui abbiamo parlato in questo articolo ) e in molti casi vomita per eliminare il cibo.

Durante il decorso generale della patologia, i due sottotipi summenzionati possono incrociarsi, e l’individuo può spostarsi da uno all’altro.

 

Anoressia e bulimia nervosa a livello cerebrale

Diversi studi scientifici hanno dimostrato alterazioni sia della struttura che del funzionamento cerebrali in individui affetti da anoressia nervosa, soprattutto a carico di aree frontali e temporali. Risulta ad esempio un volume mediamente maggiore della corteccia orbitofrontale (OrbitoFrontal Cortex, OFC) in pazienti affetti da anoressia e bulimia nervosa rispetto a individui sani (Frank et al., 2013).

Il circuito cerebrale che regola l’ingestione di cibo dipende principalmente dall’interazione dell’ipotalamo, un’area situata nella zona centrale interna ai due emisferi cerebrali avente un ruolo chiave nel mantenimento dell’equilibrio energetico dell’organismo, con altre regioni come la corteccia prefrontale, soprattutto la porzione orbitofrontale (OFC, di cui abbiamo parlato poco sopra), il lobo dell’insula (un’area implicata in molte funzioni tra cui l’elaborazione del disgusto) e il nucleo striato venterale (una piccola area profonda implicata nell’elaborazione delle emozioni) (Volkow et al., 2011).

Questo circuito integra la percezione del gusto con le associazioni emozionali al cibo e con la ricompensa scaturita dal soddisfacimento del bisogno di mangiare (ibidem).

È molto interessante sottolineare come, per certi versi, questo meccanismo di ricompensa sia praticamente indistinguibile da quello innescato dall’utilizzo di droghe, dall’alcol e dal gioco d’azzardo.

 

Le peculiarità del cervello di chi soffre di anoressia e bulimia nervose

In uno studio portato a termine da un gruppo di ricerca dell’Università del Colorado, è stato evidenziato come, in individui affetti sia da anoressia nervosa che da bulimia nervosa, la connettività cerebrale (cioè le interazioni fra aree cerebrali e la loro direzione) fosse maggiore nelle fibre che connettono insula, OFC e nucleo striato ventrale, ma al contempo minore dalla OFC e dall’amigdala (una piccola area sottocorticale implicata nelle emozioni, soprattutto di ansia e paura) verso l’ipotalamo (Frank et al., 2013).

In individui sani, l’ipotalamo guida l’attività del nucleo striato ventrale, mentre in anoressia e bulimia nervose la connettività segue la direzione opposta: partendo dalla corteccia cingolata anteriore (Anterior Cingulate Cortex, ACC, un’area implicata nel sistema della ricompensa), passando per lo striato ventrale, verso l’ipotalamo (ibidem).

Questo dimostra come la connessione fra il circuito dell’omeostasi energetica, che coordina afflusso e dispendio di energia assunta tramite alimentazione, e quello della ricompensa da cibo sia strutturalmente e funzionalmente differente in individui affetti da anoressia nervosa, per i quali il controllo emozionale esercitato dalla corteccia cingolata anteriore, bypassando l’ipotalamo, potrebbe causare il comportamento prolungato di restrizione alimentare o digiuno (ibidem).

 

Fattori di rischio: non è tutto scritto nel DNA, ma tanto dipende dall’ambiente

Indubbiamente anoressia e bulimia nervose sono disturbi legati alla psiche delle persone, che trovano nel cibo o nell’astinenza da esso la valvola di sfogo con la quale gestire profonde problematiche emotive.

Studiare però le differenze fisiche e fisiologiche tra il cervello di persone sane e quello di persone affette da questi disturbi alimentari ci è di grande aiuto per capire meglio “cosa scatta” nella psiche di chi ne soffre e, soprattutto, come agire per aiutarle ad uscirne.

Come con le droghe d’abuso, l’alcolismo o la dipendenza da gioco d’azzardo, alla base c’è sempre un intreccio tra esperienze di vita e genetica di un individuo. Si parla infatti di fattori di rischio in riferimento a quelle componenti genetiche (ad esempio qualcuno in famiglia ha sofferto dello stesso disturbo) e ambientali (come, nel caso dell’anoressia, la pressione sociale che spinge a sentirsi inadeguati a livello estetico) che possono portare allo sviluppo di un disturbo psicologico.

 

Disturbi alimentari: affrontandoli se ne esce

L’anoressia nervosa è sicuramente un disturbo complesso, come complesse sono le basi cerebrali che lo sottendono e non va assolutamente sottovalutato o ridotto a mero “capriccio”.
La ricerca sta facendo grandi passi avanti per trovare delle terapie in grado di agevolare la guarigione da questo disturbo, la cui mortalità risulta alta (Crow et al, 2009).

Oltre, ovviamente, al lavoro degli psicoterapeuti e degli psichiatri esperti in questi disturbi, un contributo importante a questa causa ci viene oggi fornito anche dalle tecniche di realtà virtuale, con le quali si può far incorporare a un individuo un corpo di dimensioni minori o maggiori del proprio (Provenzano et al., 2020).

Speriamo nei prossimi anni di vedere una riduzione dell’insorgenza di questa patologia e, soprattutto, una ridotta mortalità a essa associata.

 

Il cibo sicuramente è un elemento vitale per noi, non possiamo farne a meno o tenercene alla larga come fa chi ha una dipendenza da droghe d’abuso, da alcol o con il gioco d’azzardo.

Questo ovviamente rende più difficile alle persone che hanno problemi col cibo uscire da questo circolo vizioso e profondo malessere, ma ciò non deve abbattere: è infatti dimostrato che con l’aiuto di professionisti si può tornare a essere felici e a provare sentimenti positivi – e un atteggiamento sereno – verso ciò che si mangia.

Adriano Acciarino,
Psicologo e Ph.D. in Psicologia e Neuroscienze Sociali,
Professore a contratto di Pedagogia e Psicologia Sociale

 

 

BIBLIOGRAFIA

  • Bell, R. M., epilogo di Davis William N., La santa anoressia. Digiuno e misticismo dal Medioevo a oggi, Roma-Bari, GLF editori Laterza, 2002, ISBN 88-420-5629-4.
  • Crow, S. J., Peterson, C. B., Swanson, S. A., Raymond, N. C., Specker, S., Eckert, E. D., & Mitchell, J. E. (2009). Increased mortality in bulimia nervosa and other eating disorders. American Journal of Psychiatry, 166(12), 1342-1346.
  • Frank, G. K., Shott, M. E., Hagman, J. O., & Mittal, V. A. (2013). Alterations in brain structures related to taste reward circuitry in ill and recovered anorexia nervosa and in bulimia nervosa. American Journal of Psychiatry, 170(10), 1152-1160.
  • Frank, G. K. W., Shott, M. E., Riederer, J., & Pryor, T. L. (2016). Altered structural and effective connectivity in anorexia and bulimia nervosa in circuits that regulate energy and reward homeostasis. Translational psychiatry, 6(11), e932-e932.
  • Masson, Milano 2001. American Psychiatric Association (2013), Manuale diagnostico e statistico dei disturbi Mentali, Quinta edizione (DSM-5), trad. it. Raffaello Cortina, Milano 2014.
  • Provenzano, L., Porciello, G., Ciccarone, S., Lenggenhager, B., Tieri, G., Marucci, M., … & Bufalari, I. (2020). Characterizing Body Image Distortion and Bodily Self-Plasticity in Anorexia Nervosa via Visuo-Tactile Stimulation in Virtual Reality. Journal of clinical medicine, 9(1), 98.
  • Volkow, N. D., Wang, G. J., & Baler, R. D. (2011). Reward, dopamine and the control of food intake: implications for obesity. Trends in cognitive sciences, 15(1), 37-46.

Autore dell'articolo: Redazione