Arance infettate con l’HIV, cetrioli killer e latte mangia-ossa: il business delle fake news contro la corretta informazione alimentare

Arance infettate con l’HIV, cetrioli killer e latte mangia-ossa: il business delle fake news contro la corretta informazione alimentare – di Arianna Acciarino

L’obiettivo primario di Mangio Bene Vivo Bene è sostenere la produzione alimentare Made in Italy e la Dieta Mediterranea tout court, in quanto universalmente riconosciuta (da medici e scienziati) un vero e proprio stile di vita, che aiuta a vivere a lungo e mantenersi in salute. Ci battiamo però anche contro gli estremismi “salutistici”, perché ciò che è estremo non è mai davvero salutare, e i falsi miti alimentari.

PERCHÉ SONO NATI TANTI FALSI MITI ALIMENTARI…?

“I miti sono presenti in tutte le culture, ma mentre quelli del passato erano soprattutto a tema sacrale, i miti di oggi invece toccano temi che riguardano le paure alimentari” – ha spiegato Peppino Ortoleva, Presidente del corso di Laurea in Scienze della Comunicazione dell’Università di Torino, alla seconda edizione del Festival del Giornalismo Alimentare“L’idea diffusa che il cibo faccia male sta diventando uno dei grandi temi della cultura contemporanea”. Ma sta accadendo? Dobbiamo davvero credere che il cibo sia diventato veleno, e che la nostra salute sia in costante pericolo quando entriamo in un supermercato? Ovviamente no.

Certo, casi di cronaca alimentare gravi quali il caso mucca pazza, “hanno messo in crisi la fiducia dei consumatori verso produttori e istituzioni”, ha dichiarato Paolo Vittone del Laboratorio Chimico della Camera di Commercio di Torino, durante un altro panel del Festival. Per scardinare questi falsi miti e tutelare davvero consumatori e produttori, l’unica strada percorribile è quella della corretta informazione.

Il “grado zero” della comunicazione alimentare è costituito dalle etichette, che oggi sono molto più dettagliate di un tempo: ma è importante insegnare al consumatore come interpretare ciò che c’è scritto, perché ovviamente le calorie di un salame non sono quelle di una mela, ma nemmeno i loro nutrienti sono gli stessi, né la loro frequenza di assunzione all’interno di un corretto stile di vita nutrizionale. Se ci si limita a fomentare la paura verso i grassi e gli zuccheri, ad esempio, o il conteggio costante e ossessivo delle calorie, si rischiano derive semplicistiche e dannose come quella (fortunatamente bocciata dal Parlamento Europeo) dei “semafori alimentari” in Gran Bretagna”.

Per questo la Scuola Pubblica, il Ministero della Salute e i divulgatori scientifici devono collaborare più attivamente con i giornalisti e i food blogger, al fine di diffondere il più capillarmente possibile le giuste informazioni e conoscenze ai consumatori.

CHI ALIMENTA I FALSI MITI E COSTRUISCE NOTIZIE-BUFALE?

Il cibo – bene fondamentale per la sopravvivenza, piacere sensoriale e carattere distintivo di ogni singola cultura – è un tema universale, ma è anche un business enorme. Il clima terroristico generato e alimentato da giornali e new-media spesso ha il solo scopo di aumentare le copie vendute o i click quotidiani al proprio sito. Altre volte, queste false informazioni vengono fatte circolare direttamente dalle aziende per screditare la concorrenza. La velocità della comunicazione contemporanea e la capillarità di diffusione del web e dei social network completano lo schema: una notizia allarmistica viene pubblicata su un sito e ripresa dai social network; a quel punto tutti gli altri giornali devono correre ai ripari e trattare lo stesso tema, in fretta, prima che diventi “vecchio”.

All’inizio dell’anno abbiamo diffuso sui nostri canali social un ottimo pezzo pubblicato da BUTAC che puntava a smontare la bufala mediatica dei “4 veleni bianchi”, ovvero zucchero, farina 00, latte e sale. Nessuno di questi alimenti – al netto di allergie e patologie specifiche – è dannoso di per sé se assunto con moderazione, e tutti e 4 possono rientrare perfettamente all’interno di un regime alimentare sano ed equilibrato. Del latte, ad esempio, ci eravamo occupati solo pochi mesi fa, con un’intervista a Maria Luisa Brandi, Presidentessa della Fondazione F.I.R.M.O., ente privato no profit che si occupa di prevenzione e cura delle malattie dello scheletro, osteoporosi in primis.

Purtroppo ci sono molte ragione per le quali si sceglie di diffondere una bufala alimentare, tutte ugualmente dannose. Da questo punto di vista, ci associamo alla suddivisione fatta da Bufale.it tra “bufale involontarie” e “bufale volontarie”.

BUFALE INVOLONTARIE: CI CREDIAMO!

La prima è la più eticamente “perdonabile”: ci crediamo, sia l’autore dell’articolo che chi lo condivide su Facebook e gli altri social network crede nella veridicità di quella specifica notizia. Ovviamente, chi ha scritto quel post resta colpevole di non aver svolto con la dovuta onestà intellettuale il proprio lavoro – ma, spesso, si tratta di blogger, e non di giornalisti obbligati a seguire precise norme deontologiche – e non si preoccupa nemmeno di pubblicare poi una successiva smentita al riguardo.

Un esempio sono tutti quei siti e blog che promuovono diete vegetariane o vegane estreme: assolutamente convinti di fare del bene, ascoltano solamente una campana (quella che conferma le loro convinzioni) accusando tutte le voci contrarie di essere al soldo di chissà quale multinazionale… Sarebbe a nostro avviso più corretto dare spazio anche a chi – competente in materia – non condivide le loro scelte di vita e, soprattutto, evitare di trasformare ogni alimento escluso dal loro regime alimentare in qualcosa di “mortalmente velenoso”.

Quando sono le testate giornalistiche a diffondere le bufale, la questione si fa ancora più grave: la loro autorevolezza è considerata garanzia di veridicità.cUn caso che tutti ricordiamo è quello delle morti causate nel 2011 dal batterio dell’Escherichia Coli. Se ancora oggi cerchiamo su Google notizie al riguardo, ci accorgiamo della schizofrenia dei media che prima hanno attaccato in massa i cetrioli spagnoli per poi fare dietrofront e puntare il dito sui germogli di soia tedeschi. In questo caso, a guidare – male! – le azioni dei giornalisti è stata la fretta: per battere sul tempo la concorrenza hanno scelto di non aspettare la conferma ufficiale della notizia, lanciando nel web tutte le ipotesi e le possibili voci di corridoio che riuscivano a captare. Oltre a non tutelare davvero i propri lettori – i quali, allarmati, in molti casi hanno smesso di comprare tutte le verdure sul mercato – con queste false notizie i media hanno arrecato un ingente danno economico a diverse aziende agricole della UE.

La Spagna ha chiesto e ottenuto dal tribunale di Amburgo un risarcimento di 230 milioni di euro da suddividere tra i produttori ortofrutticoli che hanno visto le loro vendite crollare sotto il peso di accuse infondate.

BUFALE VOLONTARIE: MENTIAMO SAPENDO DI MENTIRE!

Il web è uno spazio democratico, libero… del quale in troppi approfittano. Le ragioni per le quali si sceglie di costruire ad hoc una notizia falsa sono principalmente due:

  1. tirare acqua al proprio mulino, e orientare le scelte – soprattutto politiche – dei propri utenti;
  2. aumentare i guadagni, vendendo più copie, aumentando l’audience o gli accessi al proprio sito web.

Sono entrambe motivazioni gravi, che giustamente sono soggette a potenziali sanzioni disciplinari. Il problema è però nella capillarità del web, che fa da cassa di risonanza a queste bufale prima che si riesca a correre ai ripari. Le smentite, quando arrivano, sono ovviamente meno d’impatto della bufala mediatica, che continuerà ad essere condivisa da chi, preoccupato, crede alla bugia. Vi è mai capitata sotto gli occhi la bufala delle arance contaminate con sangue infettato dal virus dell’HIV? Post come questo vengono definiti “clickbaiting”, ovvero “esce per i click”. Quello che possiamo fare quando incappiamo in una notizia sensazionalistica è controllare le fonti: in primis il sito di pubblicazione, per escludere siti web dediti a questo tipo di truffe, e successivamente – anche nel caso di testate giornalistiche garantite – cercare altri articoli, fonti più vicine alla zona dove si sarebbe realizzata il fatto divenuto notizia. Solo così riusciremo a farci un’idra equilibrata della situazione.

COME CI POSSIAMO TUTELARE DALLE FALSE NOTIZIE?

L’unico modo per non farsi imbrogliare da una fake-news è mantenere attivo il proprio spirito critico e domandarsi:

  • chi ha scritto questa notizia?
  • le fonti sono citate con chiarezza?
  • queste fonti sono attendibili?
  • chi altro sta diffondendo questa informazione?
  • gli enti preposti al controllo della sicurezza alimentare hanno fatto dichiarazioni?
  • i miei media di riferimento sul tema cosa stanno scrivendo?

Mangio Bene Vivo Bene si impegna nel debunking di tutte le news allarmistiche riguardo l’alimentazione. Ci siamo già occupati di latte e zucchero, presto approfondiremo per voi la questione del sale e delle farine raffinate. Perché la corretta informazione alimentare è un vostro diritto… e un nostro dovere!

Autore dell'articolo: Redazione