Tutti gli effetti del caffè sul cervello e sulla nostra salute

Tutti gli effetti del caffè sul cervello e sulla nostra salute

Per molti di noi, iniziare la giornata senza un buon caffè significa non “ingranare”, non riuscire a svegliarsi, avere il cervello rallentato…

Io, ad esempio, non riesco a fare a meno dei miei due caffè giornalieri, uno la mattina e uno dopo pranzo. E voi? Quanti caffè al giorno bevete?

Il 95% degli italiani beve caffè

Il caffè è una delle bevande psicoattive (cioè che agiscono sui nostri processi psichici) più consumate in tutto il mondo.

Qui in Italia si stima che circa il 95% degli italiani fra i 18 e i 65 anni consumino caffè almeno saltuariamente. Il 58% dei bevitori di caffè ne assume una o due tazzine al giorno (come me!), mentre il 5% arriva a superare le tre tazzine.

Che sia espresso, ristretto, macchiato o corretto, il caffè per noi italiani si conferma dunque un rituale quotidiano, al quale difficilmente si vuol rinunciare.

 

Uno, nessuno, centomila… caffè!

La parola ‘caffè’ deriva dalla parola araba ‘qahwa’, che significa “bevanda stimolante”.
Si ottiene dalla macinazione dei semi di piccoli arbusti tropicali del genere coffea, il quale è composto da circa 120 specie differenti.
Le diverse tipologie di caffè che troviamo in commercio (la più famosa fra tutte è la miscela arabica), infatti, devono il loro nome alla specie da cui provengono i semi.

Quanti caffè al giorno si possono bere?

Le quantità massime di caffeina che si possono assumere giornalmente senza rischi per la salute sono di 200mg alla volta, cioè circa due tazzine e mezzo (saranno contenti gli amanti del caffè lungo!), e di 400mg al giorno, circa cinque tazzine (Nehlig, 2016). Numeri che sorprendono, vero?

Data la grande diffusione del consumo quotidiano di caffè in molte culture, anche piccoli effetti sulla salute potrebbero avere un grande impatto sulla società.

 

I benefici del caffè sul nostro organismo

Alcuni studi epidemiologici suggeriscono che il consumo di questa bevanda sia associato alla prevenzione di malattie degenerative tra cui diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, morbo di Parkinson, morbo di Alzheimer e, inoltre, alcune forme di tumore (Patil, Lavie & O’Keefe, 2011).

Questi potenziali benefici sono stati in parte attribuiti agli antiossidanti (sostanze che riducono la produzione di radicali liberi) presenti nel caffè, alla moderata riduzione del peso indotta dal suo consumo, all’aumento della sensibilità all’insulina e alla riduzione dell’infiammazione associata al consumo regolare di caffè (ibidem).

Recentemente l’attenzione si è soprattutto focalizzata sull’acido clorogenico, un acido dalle proprietà antiossidanti e antinfiammatorie presente nel caffè.

 

Il caffè e la ricerca: gli studi sui suoi benefici in una prospettiva di prevenzione e cura di gravi patologie

L’ampia gamma di potenziali benefici per la salute di questa sostanza, tra cui il potere anti-diabetico, anti-cancerogeno, anti-infiammatorio e anti-obesità, potrebbe in futuro fornire un approccio non farmacologico e non invasivo per il trattamento o la prevenzione di alcune malattie croniche (Tajik et al., 2017).
In uno studio di laboratorio sui ratti (Abreu et al., 2011) è stato dimostrato come l’assunzione di caffeina migliori la memoria a lungo termine (cioè quella forma di memoria che ha durata variabile da qualche minuto fino a un tempo indefinito), almeno quando valutata tramite il riconoscimento di oggetti.

Nello stesso studio è stato inoltre dimostrato come il consumo cronico di caffè moduli il sistema antiossidante endogeno nel cervello dei ratti (cioè l’attività di quelle sostanze antiossidanti prodotte direttamente dall’organismo).
Pertanto, l’ingestione cronica di caffeina, attraverso la protezione del sistema antiossidante, può svolgere un ruolo importante nella prevenzione del declino delle funzioni cognitive associato all’età (ibidem).

 

Gli effetti del caffè sul cervello: similitudini e differenze con le droghe d’abuso

A quanto pare, dunque, due o tre caffè al giorno sembrerebbero essere un toccasana per il nostro cervello.

C’è però qualcosa che ancora non ho chiarito: si tratta di una sostanza psicoattiva.
Questo cosa significa? Come già spiegato, significa che ha degli effetti sulla nostra attività psichica.

Sapete quali sono altre sostanze psicoattive? Le droghe d’abuso (come ad esempio la cocaina).

Questo significa che il caffè può essere considerato alla stregua di una droga? Per fortuna, non è proprio così.

In una revisione scientifica di più di vent’anni fa (Nehlig, 1999) la questione era stata già sollevata, e si è trovata una risposta confrontando gli effetti del caffè con quelli che caratterizzano le droghe d’abuso:

  • la dipendenza, ovvero l’incapacità di fare a meno di una sostanza;
  • la tolleranza, cioè la perdita di risposta a una sostanza;
  • il rinforzo, ovvero il rafforzarsi di un dato comportamento che ha dato esiti piacevoli;
  • l’astinenza, intesa come lo stato di sofferenza dovuto al venir meno dell’effetto fisiologico di una sostanza.

Nell’uomo sembra verificarsi la tolleranza ad alcuni effetti soggettivi della caffeina, ma la maggior parte delle volte non si verifica la completa tolleranza agli effetti della sostanza sul sistema nervoso centrale. In parole semplici: non ci assuefacciamo al caffè.

Le funzioni di rinforzo della caffeina sono limitate a dosi basse o piuttosto moderate, mentre dosi elevate, al contrario, spingono all’evitamento del caffè. Dunque, al contrario delle droghe, se bevi caffè non senti il bisogno di aumentarne giorno dopo giorno le quantità assunte spingendoti agli eccessi.

Le classiche droghe d’abuso portano ad aumenti specifici dell’attività funzionale cerebrale e al rilascio di dopamina (un neurotrasmettitore che ha un ruolo importante nella percezione del piacere) nel nucleus accumbens, la struttura cerebrale profonda – chiave per la percezione della ricompensa, per la motivazione e per la dipendenza.
Tuttavia, le dosi di caffeina mediamente consumate giornalmente non inducono un rilascio di dopamina in quest’area, ma portano a un rilascio dello stesso neurotrasmettitore nella corteccia prefrontale ( una porzione della corteccia del cervello), che è coerente con le proprietà rinforzanti della caffeina.

I sintomi di astinenza, infine, si sviluppano in una piccola parte della popolazione, ma sono moderati e transitori (ibidem).

 

Caffè e insonnia

Per concludere,come per qualsiasi alimento o bevanda l’importante è non esagerare con le dosi di caffè quotidiane.

Nello specifico, bere caffè con caffeina regolarmente, rispetto al caffè decaffeinato, causa una diminuzione della quantità totale di sonno e della qualità del sonno, e un aumento della durata del tempo di addormentamento (Shilo et al., 2002).

Non c’è da allarmarsi però: il suggerimento che ci danno i ricercatori è che chi è affetto da disturbi del sonno dovrebbe semplicemente fare a meno di prendere caffè verso sera (ibidem).

 

Adriano Acciarino,
Psicologo e Ph.D. in Psicologia e Neuroscienze Sociali,
Professore a contratto di Pedagogia e Psicologia Sociale

 

 

BIBLIOGRAFIA

Abreu, R. V., Silva-Oliveira, E. M., Moraes, M. F. D., Pereira, G. S., & Moraes-Santos, T. (2011). Chronic coffee and caffeine ingestion effects on the cognitive function and antioxidant system of rat brains. Pharmacology biochemistry and behavior, 99(4), 659-664.

Caffè, le mappe dei consumi italiani. Food, 30 Maggio 2018.

Nehlig, A. (1999). Are we dependent upon coffee and caffeine? A review on human and animal data. Neuroscience & Biobehavioral Reviews, 23(4), 563-576.

Nehlig, A. (2016). Effects of coffee/caffeine on brain health and disease: What should I tell my patients?. Practical neurology, 16(2), 89-95.

Patil, H., Lavie, C. J., & O’Keefe, J. H. (2011). Cuppa joe: friend or foe? Effects of chronic coffee consumption on cardiovascular and brain health. Missouri medicine, 108(6), 431–438.

Shilo, L., Sabbah, H., Hadari, R., Kovatz, S., Weinberg, U., Dolev, S., … & Shenkman, L. (2002). The effects of coffee consumption on sleep and melatonin secretion. Sleep medicine, 3(3), 271-273.

Tajik, N., Tajik, M., Mack, I., & Enck, P. (2017). The potential effects of chlorogenic acid, the main phenolic components in coffee, on health: a comprehensive review of the literature. European journal of nutrition, 56(7), 2215-2244.

 

Autore dell'articolo: Redazione