Di Francesca Antonucci*
La pasta, l’alimento base della cucina italiana (e tra i più amati: ne avevamo già parlato qui NdR) sta diventando una questione complicata!
Gli ingredienti sono sempre quelli: semola di grano duro e acqua. Mentre i dubbi e le discussioni che riguardano il grano sono sempre di più: ci si interroga sulla sua origine e quando si sia stabilita la sua italianità ancora la scelta non è fatta: il grano sarà antico o no?.
La scelta diventa sempre più ardua: tra l’ansia di cucinare bene e fare la scelta giusta per la salute. Perchè? Si tratta di veri problemi o anche di perplessità indotte da qualche informazione non proprio chiara e corretta che è diventata “mal-sapere” comune?
L’etichetta è questione di trasparenza
Una dei principali nodi di discussione sulla pasta è la presenza della provenienza della materia prima. La trasparenza delle informazioni è senz’altro un valore che consente al consumatore una scelta libera. Diverso è pensare che tutti siano consapevoli del fatto che Made in Italy non è in modo assoluto unico sinonimo di qualità e sicurezza e che la pasta italiana è fatta da sempre anche con grano straniero.
Lo racconta bene Elena Kostioukovitch nel suo libro:
La pasta migliore si produceva con frumento di varieta Taganrog: essa si dingueva per il colore insuperato e la meravigliosa consistenza. Il grano russo, portato da Taganrog nel corso di molti secoli, era un elemento imprescindibile dell’equilibrio economico dell’Italia meridionale. Perfino sotto i Borboni, nonostante l’embargo causato da motivi politici locali, questo grano continuava ad essere importato nel regno delle Due Sicilie.
Nulla di nuovo dunque: il mercato globale e la commistione di alimenti sono stati un’opportunità e lo sono ancora. A questa certezza si deve aggiungere quella dei controlli, che ci sono e sono in continua evoluzione e aggiornamento.
Grano antico o moderno?
Prima di tutto serve intendersi sul significato di antico e moderno per quanto riguarda il grano. Nel caso di questa materia prima la confusione è tanta e a dimostrarlo basta la considerazione che la varietà Senatore Cappelli è considerata dalla maggior parte una scelta di alta qualità e antica tradizione italiana.
In realtà ha solo un centinaio di anni, ed è il prodotto degli studi di un genetista italiano, Nazareno Strampelli e rappresenta una selezione della cultivar nord-africana “Jenah Rhetifah”.
Per avere un’idea delle più diffuse e importanti varietà di frumenti duri coltivate in Italia negli anni ’50 del secolo scorso è interessante consultare i quaderni dell’Ente Nazionale Sementi elette. Vi sono selezioni importate dalla Libia e si fa già chiaro riferimento alla insufficiente produzione nazionale di grano duro e al lavoro degli istituti Universitari per la creazione di nuove razze attraverso l’ibridazione e l’introduzione di mutazioni.
La domesticazione delle piante e l’ibridazione sono storia antica in agricoltura, la strumentalizzazione recente delle informazioni è un’opportunità persa di crescere la cultura complessiva del consumatore.
E il glutine?
Questo è l’ultimo baluardo che era rimasto ai grani di una volta.
Premesso che come ricordano spesso i ricercatori l’onere della prova spetta a chi fa una affermazione è vero che ad oggi manca la dimostrazione negli studi scientifici che i cosiddetti grani moderni contengano più glutine o un “glutine peggiore” di quelli definiti antichi. Anzi sono chiare le evidenze che dimostrano che:
- non c’è alcun aumento del contenuto proteico del grano tenero dagli inizi del ventesimo secolo;
- il miglioramento genetico del grano non è correlato all’aumento della celiachia;
- non ci sono differenze tra le varietà dette vecchie e nuove nel contenuti di gliadine, importanti allergeni per i celiaci;
- alcune vecchie varietà esprimono una maggior quantità di peptidi immunogenici.
Tutte le considerazioni fatte devono rassicurare in merito a cosa e come abbiamo mangiato la pasta sino ad ora.
È di fondamentale coinvolgere il consumatore in una scelta libera e informata e soprattutto nel cercare e chiedere le fonti delle affermazioni. E quando non lo si sappia fare da soli farsi aiutare nel stabilire se si tratta di dati certi o strumentalizzati.
Il sonno della ragione genera mostri. – Goya
Bibliografia e sitografia:
- Perché agli italiani piace parlare del cibo. Un itinerario tra storia, cultura e costume. Elena Kostioukovitch. Sperling & Kupfer, 2006, pagine: XXIII-532 p., ill.
- Can an increase in celiac disease be attributed to an increase in the gluten content of wheat as a consequence of wheat breeding?. Kasarda, DD. Journal of agricultural and food chemistry, 2013, 61, 1155-1159.
- New insights into wheat toxicity: breeding did not seem to contribute to a prevalence of potential celiac disease immunostimulatory epitopes. Ribeiro, M., Rodriguez-Quijano, M., Nunes, F. M., Carrillo, J. M., Branlard, G., & Igrejas, G. Food Chemistry, 2016, 213, 8-18.
- Differences in gluten protein composition between old and modern durum wheat genotypes in relation to 20th century breeding in Italy. [De Santis, M. A., Giuliani, M. M., Giuzio, L., De Vita, P., Lovegrove, A., Shewry, P. R., & Flagella, Z. European Journal of Agronomy, 2017, 87, 19-29.
- Peptides from gluten digestion: A comparison between old and modern wheat varieties. Prandi, B., Tedeschi, T., Folloni, S., Galaverna, G., Sforza, S. Food Research International, 2017, 91, 92-102.
- Grano antico fa buon glutine? http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2017/07/12/grano-antico-fa-buon-glutine/
*L’autore: Francesca Antonucci: prima ricercatrice, farmacista, autrice di testi di formazione e articoli scientifici. E ancora la formazione in comunicazione, diversi appassionanti corsi ed esperienze commerciali. Continuo con interesse e piacere la mia attività di writer e presto anche giornalista. All’attivo anche un blog personale per parlare di salute, alimentazione e ricette per dare un piccolo ma impegnato contributo alla buona e documentata informazione.