L’ultimo rapporto dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha raccolto tutti i dati sui principali contaminanti dei grassi vegetali sottoposti ad alte temperature. Un esperto dell’Istituto superiore di sanità ci aiuta a fare il punto, soprattutto sul famoso olio tropicale
L’articolo di Alice Pace, per Wired Italia sull’argomento
Durante il processo di lavorazione degli oli vegetali e delle margarine, e in particolare nel corso delle raffinazioni che portano i materiali di partenza ad alte temperature, possono formarsi alcune sostanze indesiderate, definite contaminanti da processo. Si tratta di un piccolo gruppo di molecole presenti in tutti i grassi vegetali lavorati a caldo, così come nei loro derivati, la cui percentuale più abbondante è quella riscontrata nell’olio di palma, che conosciamo come ingrediente di molti dolci, prodotti da forno e cibi pronti del supermercato.
Sotto richiesta della Commissione europea, cui spetta il ruolo normativo rispetto alla commercializzazione e il consumo dei nostri cibi, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha avuto il compito di condurre negli ultimi anni un’ampia analisi dei dati disponibili su questi composti, con l’obiettivo di comprenderne più a fondo la tossicità, ma anche di valutare con la migliore approssimazione possibile i livelli di esposizione a cui siamo sottoposti con la nostra alimentazione, comprensiva di tutte le fonti vegetali.
Nell’ultima settimana il parere scientifico degli esperti di contaminanti alimentari dell’Efsa è stato reso pubblico: un resoconto di ben 160 pagine, dove sono raccolte tutte le informazioni presenti in letteratura riguardo a questo tipo di contaminanti, come composizione chimica e tipo di tossicità, ma anche le stime sull’esposizione della popolazione europea in base al consumo dei vari grassi vegetali, diversificata in base alle fasce d’età.
Trattandosi di un documento indirizzato agli addetti ai lavori della Commissione e, in questa fase, non ai consumatori, la sua interpretazione non è affatto semplice e, in ragione della presunta cancerogenicità di una delle sostanze, ha già generato le prime paure. Così come anche i primi fraintendimenti,in primis il collegamento automatico tra olio di palma e insorgenza di tumori. Per questo, con l’obiettivo di chiarire gli interrogativi più immediati del grande pubblico, abbiamo consultato un esperto di salute e nutrizione, il ricercatore Marco Silano dell’Istituto superiore di sanità, con l’aiuto del quale abbiamo sviluppato 10 punti utili per chi volesse inquadrare meglio la questione.
1. Quali sostanze indesiderate sono state trovate negli olii vegetali, e quindi anche in quello di palma?
Il rapporto dell’Efsa si riferisce in particolare a tre tipi di sostanze: il 3- e il 2-monocloropropandiolo, i loro derivati nella forma di esteri degli acidi grassi e i glicidil esteri degli acidi grassi. “In termini più semplici, si tratta di derivati del glicerolo che si formano negli olii vegetali quando questi vengono portati a temperature al di sopra dei 200 °C nei processi di raffinazione”, spiega Silano.
Sono stati individuati in tutti gli oli per uso alimentare analizzati: oltre a quello di palma, quelli di cocco, arachidi, colza, mais egirasole e, poiché non è desiderabile ottenerli nel prodotto finale, sono considerati dei contaminanti alimentari. I loro effetti sull’organismo, tra cui le eventuali forme di tossicità, sono legati strettamente all’ingestione: vengono infatti assorbiti a livello intestinale durante la digestione e quindi distribuiti a livello sistemico, e in questo modo raggiungono i diversi organi e distretti del corpo.
2. Perché ne veniamo a conoscenza solo ora? Prima sono mancati controlli?
Se il grande pubblico viene a conoscenza di questi composti solo oggi non è per una mancanza nel monitoraggio, o per una precisa volontà di tenerli nascosti. “Che gli olii vegetali, quando raffinati, diano luogo al loro interno a queste sostanze non è una novità, è un fatto noto da tempo”, spiega il ricercatore: “Sono anni che questi composti sono stati attenzionati e si studia la loro presenza. E non solo nell’olio di palma, bensì in tutti gli olii vegetali raffinati”.
Insomma, non siamo dinanzi a una scoperta, bensì a un’analisi basata proprio sui dati scientifici raccolti negli ultimi anni su sostanze che erano già da tempo nel mirino delle autorità e degli scienziati, e delle quali oggi si è deciso di approfondire la conoscenza.
3. È provato che le molecole trovate siano cancerogene? Ma allora l’olio di palma è cancerogeno e chi ne consuma di più si ammala più facilmente di tumore?
Il documento dell’Efsa riprende dati sperimentali su animali da laboratorio che evidenziano il potenziale effetto genotossico e cancerogeno del glicidolo, il composto nel quale, durante la digestione, i glicidil esteri (che, ricordiamo, sono presenti non solo nell’olio e nel grasso di palma, bensì in tutti gli olii vegetali raffinati) potrebbero trasformarsi.
“Tuttavia, nonostante gli effetti sugli animali” aggiunge Silano, “va precisato che non esistono a oggi dati che correlino l’uso dell’olio di palma all’insorgenza di tumori nell’uomo”. Al di là degli allarmismi, non vi sono insomma prove che dimostrino che chi consuma molto olio di palma sia esposto a un rischio più elevato di sviluppare tumori.
4. Tutto l’olio di palma contiene questi contaminanti o solo quello di bassa qualità?
Quello dell’Efsa è un discorso generale sugli olii vegetali, comprensivi di olio e grasso di palma, ma che non fa un distinguo tra olio di alta o bassa qualità, come non prende in considerazione la qualità degli altri oli in esame.
Il gruppo di lavoro dell’Efsa non si propone di approfondire nello specifico gli effetti dell’olio di palma, ma piuttosto il margine di esposizione della popolazione a questo tipo di contaminanti (che, ricordiamo, sono solo alcuni nel complesso della nostra catena alimentare), in modo tale da poterne possibilmente valutare l’intervallo di sicurezza.
5. I dati del dossier significano che se mangio alimenti che contengono olio di palma potrei ammalarmi più facilmente di cancro rispetto che consumando altri oli e grassi?
È una delle domande più frequenti dei consumatori, tuttavia non abbiamo in mano dati sufficienti per rispondere, “mancando dati epidemiologici sulla correlazione tra il consumo di oli vegetali e sviluppo di tumori nell’uomo”, ci spiega Silano.
Occorre poi sempre considerare che l’insorgenza di un tumore è la conseguenza di più fattori in causa: genetici, ambientali e tra questi anche alimentari.
6. Ci sono categorie di prodotti più rischiose di altre e che è meglio evitare?
Il parere dell’Efsa non fornisce raccomandazioni di questo tipo ma si imita a indicare i prodotti nei quali è verosimile che la presenza di olii contenenti le sostanze in questione sia maggiore: latte in formula, grassi, olii vegetali e margarine, prodotti da forno,patatine.
7. Qual è il margine di sicurezza di questi contaminanti?
Come sempre nel valutare le sostanze genotossiche e cancerogene presenti accidentalmente nella catena alimentare, l’Efsa calcola per la tutela dei consumatori un cosiddetto margine di esposizione.
In questo caso, il gruppo ha stabilito che i derivati genotossici e cancerogeni degli olii vegetali rappresentano un potenziale problema di salute per tutte le fasce d’età più basse e allo stesso tempo mediamente esposte, più i consumatori di tutte le età e allo stesso tempo fortemente esposti. “Nello specifico, quello che l’Efsa intende per ‘fortemente esposto’ è l’esposizione oltre al 95esimo percentile all’interno della popolazione, cioè il livello di esposizione di quel 5% della popolazione europea che, tra tutti, ne ingerisce di più”, precisa Silano.
8. Chi è più esposto e perché?
I bambini, anche i più piccoli e soprattutto i lattanti, come conseguenza della loro alimentazione (se non nutriti al seno), costituita esclusivamente dal latte di formula.
In particolare, perché il latte il polvere e altri alimenti per la prima infanzia contengono acido palmitico, a mimare il latte materno che lo contiene, e quest’aggiunta comporta quella di olio di palma.
9. Il rapporto Efsa ci sta dicendo di smettere di consumare prodotti che contengono olio di palma?
No, il gruppo di lavoro non ha rivolto alcun avviso ai consumatori, tantomeno in relazione a un singolo tipo di olio o grasso. D’altronde (come anche lo stesso Istituto superiore di sanità) l’Efsa è un organo tecnico-scientifico e non normativo, mentre le decisioni regolatorie e le raccomandazioni spettano esclusivamente alla Commissione europea.
Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha sottoposto proprio in questi giorni la richiesta di avviare con urgenza l’esame della questione all’interno dei gruppi tecnici al Commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare per accelerare i tempi.
10. Che conseguenze potrebbe avere questo studio?
Dobbiamo aspettarci nuove raccomandazioni sui nostri consumi, l’abolizione degli olii vegetali e dell’olio di palma raffinati, oppure nuovi limiti per i produttori e le aziende?
Innanzitutto, saranno gli stati membri della Commissione europeaa stabilire quali provvedimenti prendere sulla base del parere dell’Efsa e altre informazioni eventualmente disponibili.
In secondo luogo, è poco plausibile che le raccomandazioni riguardino in prima persona i consumatori. Di fatto, quando un prodotto giunge sullo scaffale del supermercato, non è possibile limitare l’accesso a quell’alimento alla popolazione: deve essere sano e non tossico. “È più plausibile piuttosto pensare a nuove ricerche e nuove considerazioni sui limiti nel tasso di contaminanti, da rivolgere ai produttori”, commenta lo scienziato:“Lo stesso resoconto dell’Efsa mette in luce come negli ultimi anni, tra il 2010 e il 2015, la concentrazione dei glicidil esteri negli alimenti con olio di palma sia stata dimezzata, segno che vi sono stati sforzi da parte dei produttori e che questa potrebbe essere una via percorribile”.