Curarsi col cibo: cos'è la Nutraceutica? E funziona?

Curarsi col cibo: cos’è la Nutraceutica? E funziona?

Molti di noi sono tornati da poco dalle vacanze estive, spesso caratterizzate da grandi mangiate in compagnia.  Dunque, se il cibo fosse una medicina torneremmo tutti dalle vacanze molto in salute (oltre che belli pasciuti)!A ben vedere, comunque, il cibo può essere considerato, entro certi termini, come una medicina.

La nascita del concetto di Nutraceutica e il suo significato

Nel 1979, Stephen DeFelice, medico e fondatore della FIM (Foundation for Innovation in Medicine), conia un neologismo: nutraceutica (DeFelice, 1992).
Questa parola deriva dalla fusione tra “nutrizione” e “farmaceutica”, e si riferisce a “un alimento o parti di cibo che forniscono benefici medici o per la salute, inclusi la prevenzione e il trattamento delle malattie” (ibidem).

Con il termine nutrizione ci si riferisce all’insieme dei processi biologici che consentono e condizionano la sopravvivenza, lo sviluppo, la crescita e l’integrità di un organismo vivente, sulla base della disponibilità di energia e nutrienti.
La farmaceutica (o farmacologia) è invece la scienza che si occupa dei farmaci, ovvero sostanze capaci di provocare nell’organismo umano e animale modificazioni funzionali mediante un’azione chimica o fisica… Notate niente di strano nella definizione di farmaco che vi ho dato?

Proviamo a porla in questo modo: l’acqua è in grado di produrre modificazioni funzionali nell’organismo? La risposta è sì.
Ad esempio, nell’anzianità il contenuto corporeo di acqua diminuisce, e questo comporta una relativa diminuzione del volume di sangue e una riduzione della capacità di aumentare la gittata cardiaca.
Quindi l’acqua è un farmaco?
Possiamo dire che ogni sostanza che ingeriamo, in una qualche misura, può essere considerata un farmaco.

Questo ci permette di vedere la nutraceutica sotto due punti di vista: dal punto di vista formale è un termine un po’ ridondante, considerando la definizione di farmaco; da un punto di vista invece sostanziale, ci dimostra come effettivamente la linea di demarcazione fra medicinale e alimento sia sottile, e come quindi la nutraceutica abbia, almeno a livello teorico, una base condivisibile.

 

Quali sono gli alimenti funzionali in Nutraceutica?

Quelli che vengono definiti nutraceutici, o alimenti funzionali (Benelli, 2010), o ancora alicamenti (Marchetti et al., 2011), sono principi nutritivi contenuti negli alimenti, aventi effetti benefici sulla salute dell’organismo.
Possono essere estratti per sviluppare degli integratori alimentari, oppure addizionati negli alimenti che mangiamo (come si fa con la vitamina D inserita nel latte).

Sulla pagina Wikipedia dedicata alla nutraceutica è presente un’interessante tabella con alcuni alimenti, i nutraceutici presenti al loro interno e l’effetto che hanno sul nostro organismo, vi consiglio di darci un’occhiata!

 

I nutraceutici funzionano come medicine?

Quindi, in sostanza, non abbiamo bisogno di assumere farmaci e ci basta mangiare bene e prendere qualche integratore?

Purtroppo, come capita spesso con la scienza, le cose sono più complesse di quanto vorremmo. La ricerca scientifica supporta l’attività biologica di molti di questi fitochimici alimentari, ma le indicazioni sulla salute attribuite ai prodotti nutraceutici commercializzati hanno spesso fondamenti scientifici scarsi o dubbi (Espín et al., 2007).

Questo è dovuto al fatto che molte delle prove scientifiche presentate derivano da test su animali o in vitro (riprodotti in laboratorio al di fuori di un organismo vivente) (ibidem).
I test in vitro non permettono, a differenza di quelli in vivo (cioè all’interno di un organismo vivente), di mostrare la trasformazione dei nutraceutici in metaboliti diversi da parte dell’organismo (Cerdá et al., 2004; Cerdá et al., 2005; Larrosa et al., 2006).

I nutraceutici, comunque, forniscono più di un valore nutritivo, e le attività sinergiche di alcuni ingredienti influenzano la segnalazione cellulare che favorisce un miglioramento del funzionamento neuronale (Williams et al., 2015).

I farmaci, anzi le medicine” (puntualizzazione necessaria considerando la definizione che abbiamo visto di farmaco) sono molecole indipendenti progettate per avere un’azione specifica su un dato bersaglio, ma a dosi elevate e per un uso prolungato potrebbero, in alcuni casi, influire negativamente sulle normali funzioni, portando a tossicità cellulare.
Tali eventi possono esacerbare i meccanismi che contribuiscono al normale invecchiamento e alle crisi cellulari, nonché al danno cerebrale.
Gli alimenti nutrienti contenenti molecole con valore nutraceutico potrebbero alleviare questi effetti indesiderati, correggendo la segnalazione cellulare squilibrata e migliorando così la salute del nostro cervello (ibidem).

 

I nutraceutici più famosi: i flavonoidi

Fra le sostanze nutraceutiche più studiate sicuramente troviamo i flavonoidi, composti bioattivi di origine vegetale facenti parte dei polifenoli.
I flavonoidi (di cui avevamo parlato in relazione al cioccolato in questo articolo) possono agire come potenti antiossidanti e chelanti dei metalli (ovvero sostanze che riducono la tossicità dei metalli nell’organismo). Sono anche da tempo riconosciute loro proprietà antinfiammatorie, antiallergiche, epatoprotettive, antitrombotiche, antivirali, antiulcerali, antidiabetiche, vasorilassanti e anticancerogene (Tapas et al., 2008).

In uno studio su modelli animali è stato mostrato come due flavonoidi sintetici, il 6-bromoflavone e il 6-bromo-3’-nitroflavone, agendo a livello del cervelletto nei ratti sperimentali, esprimano proprietà ansiolitiche simili o superiori a quelle del diazepam, uno psicofarmaco della categoria delle benzodiazepine con effetti ansiolitici (i suoi nomi commerciali più noti sono sicuramente “Ansiolin” e “Valium”) (Griebel et al., 1999).

 

Nutraceutica: un aiuto per contrastare le neurodegenerazioni?

Recentemente, la ricerca neuroscientifica si sta molto concentrando su una delle problematiche frutto dell’aumento della durata della vita umana: la neurodegenerazione. A quanto sembrerebbe, la nutraceutica potrebbe giocare un ruolo chiave anche in quest’ambito.

Un numero crescente di prove scientifiche ci suggeriscono che l’incidenza dei disturbi cerebrali è correlata, tra le altre cose, anche al consumo di una dieta ricca di energia e a un eccessivo nutrimento (Blázquez et al., 2014; Cano et al., 2009; Pandareesh et al., 2018).

Studi su esseri umani e animali hanno dimostrato che il rilascio di citochine (molecole proteiche prodotte in risposta a uno stimolo che inducono nuove attività) pro- e anti-infiammatorie durante un’infiammazione cronica potrebbe contribuire allo sviluppo di disturbi neurodegenerativi (Amor et al., 2010).

I nutraceutici, inoltre, svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione del metabolismo energetico e delle vie di segnalazione che controllano la neurotrasmissione e la neuroinfiammazione (Mazzio et al., 2011).

Sono anche importanti per stimolare l’attività dei fattori neurotrofici (o “neurotrofine”, sono molecole proteiche solubili che garantiscono la sopravvivenza dei neuroni) coinvolti nella regolazione della plasticità cerebrale e nella prevenzione delle malattie neurodegenerative.

Nutraceutici come vitamine, creatina e acidi grassi insaturi presentano un dimostrato effetto di prevenzione della neuroinfiammazione, riducendo così il rischio di degenerazione (Virmani et al., 2013).

In un recente articolo scientifico viene sottolineato come la mancata regolamentazione dell’omeostasi energetica (cioè un equilibrio energetico dell’organismo), l’infiammazione cronica e il metabolismo alterato siano segni significativi dei disturbi neurodegenerativi (Pandareesh et al., 2018).
Studi sperimentali e clinici suggeriscono che l’inibizione dell’infiammazione, ottenuta con l’utilizzo di specifici nutraceutici, possa risultare un approccio benefico per sovvertire i disturbi cerebrali (ibidem).

 

La Nutraceutica: un settore ancora tutto da studiare

Per il momento la nutraceutica è un campo tanto vasto quanto in via di sviluppo, quindi non possiamo sicuramente neppure immaginare di sostituire completamente gli approcci farmaceutici con quelli basati sulla nutrizione. Siamo però molto speranzosi per il futuro e, soprattutto, possiamo constatare l’aiuto che una corretta e integrata alimentazione può darci nella vita quotidiana.

 

Adriano Acciarino,
Psicologo e Ph.D. in Psicologia e Neuroscienze Sociali,
Professore a contratto di Pedagogia e Psicologia Sociale

 

 

BIBLIOGRAFIA

Amor, S., Puentes, F., Baker, D., & Van Der Valk, P. (2010). Inflammation in neurodegenerative diseases. Immunology, 129(2), 154-169.

Benelli R. (2010). “Nutrizione e cancro – Aspetti di biologia molecolare e di prevenzione alimentare del carcinoma della prostata”, Prato, Partner-Graf.

Blázquez, E., Velázquez, E., Hurtado-Carneiro, V., & Ruiz-Albusac, J. M. (2014). Insulin in the brain: its pathophysiological implications for States related with central insulin resistance, type 2 diabetes and Alzheimer’s disease. Frontiers in endocrinology, 5, 161.

Cano, P., Cardinali, D. P., Ríos‐Lugo, M. J., Fernández‐Mateos, M. P., Toso, C. F. R., & Esquifino, A. I. (2009). Effect of a high‐fat diet on 24‐hour pattern of circulating adipocytokines in rats. Obesity, 17(10), 1866-1871.

Cerdá, B., Espín, J. C., Parra, S., Martínez, P., & Tomás-Barberán, F. A. (2004). The potent in vitro antioxidant ellagitannins from pomegranate juice are metabolised into bioavailable but poor antioxidant hydroxy–6H–dibenzopyran–6–one derivatives by the colonic microflora of healthy humans. European journal of nutrition, 43(4), 205-220.

Cerdá, B., Tomás-Barberán, F. A., & Espín, J. C. (2005). Metabolism of antioxidant and chemopreventive ellagitannins from strawberries, raspberries, walnuts, and oak-aged wine in humans: identification of biomarkers and individual variability. Journal of agricultural and food chemistry, 53(2), 227-235.

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Espín, J. C., García-Conesa, M. T., & Tomás-Barberán, F. A. (2007). Nutraceuticals: facts and fiction. Phytochemistry, 68(22-24), 2986-3008.

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Larrosa, M., González-Sarrías, A., García-Conesa, M. T., Tomás-Barberán, F. A., & Espín, J. C. (2006). Urolithins, ellagic acid-derived metabolites produced by human colonic microflora, exhibit estrogenic and antiestrogenic activities. Journal of agricultural and food chemistry, 54(5), 1611-1620.

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Mazzio, E. A., Close, F., & Soliman, K. F. (2011). The biochemical and cellular basis for nutraceutical strategies to attenuate neurodegeneration in Parkinson’s disease. International journal of molecular sciences, 12(1), 506-569.

Pandareesh, M. D., Kandikattu, H. K., Razack, S., Amruta, N., Choudhari, R., Vikram, A., & Doddapattar, P. (2018). Nutrition and nutraceuticals in neuroinflammatory and brain metabolic stress: implications for neurodegenerative disorders. CNS & Neurological Disorders-Drug Targets (Formerly Current Drug Targets-CNS & Neurological Disorders), 17(9), 680-688.

Tapas, A. R., Sakarkar, D. M., & Kakde, R. B. (2008). Flavonoids as nutraceuticals: a review. Tropical journal of Pharmaceutical research, 7(3), 1089-1099.

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Virmani, A., Pinto, L., Binienda, Z., & Ali, S. (2013). Food, nutrigenomics, and neurodegeneration—neuroprotection by what you eat!. Molecular neurobiology, 48(2), 353-362.

Williams, R. J., Mohanakumar, K. P., & Beart, P. M. (2015). Neuro-nutraceuticals: the path to brain health via nourishment is not so distant. Editoriale.

Autore dell'articolo: Redazione