Si avvicina San Valentino, la festa dell’Amore, quella in cui gli innamorati celebrano il loro legame con regali, cene fuori, veloci fughe romantiche e dolci…
Tra i regali più tipici del 14 febbraio, un po’ in tutto il mondo, c’è senza dubbio la cioccolata.
Considerato benefico per l’organismo sin dai tempi di Aztechi e Maya (Hurst et al., 2002), per San Valentino il cioccolato viene regalato per i suoi supposti effetti energizzanti e, persino, afrodisiaci; ma quali sono i suoi veri effetti sul cervello umano?
La chimica del cioccolato e il suo effetto sul nostro cervello
Il cacao, nella sua composizione, contiene sostanze importanti quali i flavonoidi, che sono composti bioattivi di origine vegetale facenti parte della più estesa classe dei “polifenoli” , e le metilxantine, sostanze alcaloidi (cioè a carattere basico e non acido) con effetti stimolanti a livello del sistema nervoso centrale (ne conosciamo sicuramente una molto famosa: la caffeina, che ha infatti il nome scientifico di 1,3,7-trimetilxantina).
Flavonoidi: proteggono il nostro cervello dal deterioramento cognitivo
I flavonoidi assorbiti con l’alimentazione penetrano e si accumulano nelle regioni del cervello coinvolte nell’apprendimento e nella memoria, in particolare nell’ippocampo, un’area sottocorticale coinvolta nell’olfatto, nell’orientamento spaziale e, appunto, nella memoria.
Le attività neurobiologiche dei flavonoidi si realizzano principalmente in due modi:
- tramite interazioni dirette con attività cellulari a cascata che producono l’espressione di proteine neuroprotettive (cioè che proteggono il nostro cervello) e neuromodulatorie (cioè che agiscono sulla trasmissione dei messaggi neurali) che promuovono la funzione neuronale, la connettività cerebrale e la neurogenesi (ovvero la formazione di nuovi neuroni),
- tramite miglioramento del flusso sanguigno e angiogenesi (ovvero la naturale moltiplicazione dei vasi sanguigni) nel cervello e nei sistemi sensoriali (Sokolov et al., 2013).
Conferme degli effetti protettivi dei flavonoidi su neurocognizione e comportamento, sono stati identificati in modelli animali di normale invecchiamento, demenza e ictus.
Questi effetti preservativi riguardano dunque il declino cognitivo legato all’età e alla malattia, e ci sono già alcuni studi che sembrano confermare questi risultati anche sull’uomo (ibidem).
Nello specifico, il flavonoide principalmente presente nel cacao (come anche nelle arance) è la epicatechina, del gruppo delle catechine, che esiste in due diverse forme.
Nella sua variante “levogira”, ha la proprietà di aumentare la resistenza e l’elasticità delle pareti dei capillari (Socci et al., 2017).
Sarebbe dunque proprio questa sua caratteristica che permetterebbe alla cioccolata di contrastare i danni ai vasi sanguigni dovuti a deprivazione di sonno e ristabilire il buon funzionamento della “memoria di lavoro”, che è il sistema di immagazzinamento temporaneo prima gestione delle informazioni che il nostro cervello riceve attraverso i cinque sensi (Grassi et al., 2016).
Metilxantine: stimolano l’interconnessione dei neuroni
La tipologia di metilxantina maggiormente presente nel cacao (assieme, tra le altre, anche alla caffeina) è la teobromina, che possiamo trovare anche nelle foglie di tè.
Il suo nome deriva dal nome latino dato al cioccolato da Carl Linnaeus nel 1753, ovvero “teobroma cacao”, che significa letteralmente “cibo degli dei” (… e come dargli torto!)
La teobromina (nota agli scienziati anche come 3,7-dimetilxantina) è considerata un diuretico, un miorilassante, uno stimolante miocardico e un vasodilatatore (Dorland’s Illustrated Medical Dictionary, 2007).
Svolge la sua azione stimolante a livello cerebrale intervenendo sulle sinapsi, cioè le connessioni funzionali tra cellule nervose, stimolando l’interconnessione dei neuroni come fanno tutte le sostanze alcaloidi (nicotina, caffeina e teina sono degli ottimi esempi).
In 40g di cioccolato fondente sono contenuti circa 25–35mg di caffeina e 200–300mg di teobromina, se ci manteniamo sulle dosi giornaliere consigliate, che si aggirano sul 20 gtammi (di fondente) al giorno, diamo al nostro corpo tutti gli effetti benefici della teobromina,, riducendo al massimo gli effetti collaterali.
In uno studio del 2013 (Baggott et al.), infatti, è stato dimostrato che fino a 250mg di sostanza gli effetti soggettivi sono limitati e trascurabili, mentre a dosi più elevate possono manifestarsi effetti negativi sull’umore.
Queste stesse variazioni dose-dipendenti si possono osservare anche sull’aumento della frequenza cardiaca (Baggott et al., 2013).
Il falso mito della serotonina nella cioccolata e il suo reale effetto sul nostro umore
Un’altra sostanza presente nel cioccolato è la serotonina (e il suo precursore metabolico, il triptofano), un’amina biogenica che nel cervello svolge il ruolo di neurotrasmettitore e neuromodulatore.
La serotonina (il cui nome scientifico è 5-Idrossitriptofano, abbreviato 5-HT), come tutte le amine biogeniche, viene metabolizzata rapidamente a livello periferico dopo l’assunzione orale, quindi la serotonina che assorbiamo tramite l’alimentazione non influisce direttamente sui suoi livelli cerebrali generali, perché “si ferma prima” di raggiungere il cervello (Fredholm, 2011).
Variazioni nelle quantità generali di serotonina nel cervello sembrerebbero essere implicate nello sviluppo della depressione, per questo si tende a collegare l’assunzione di cioccolata e altri alimenti che contengono serotonina con un miglioramento immediato dell’umore.
Ma, dato che la serotonina e il triptofano che contiene non arrivano al cervello, l’effetto positivo che la cioccolata ha sull’umore è da collegare principalmente al suo sapore e al piacere che ci provoca quel gusto.
Ad esso, sicuramente dobbiamo collegare un effetto psicologico/culturale: godersi un po’ di cioccolata è considerato culturalmente un momento di coccola, di piacere, una gentilezza che facciamo a noi stessi.
Viva la cioccolata… senza esagerare!
In conclusione, possiamo serenamente concederci un quadratino o due di cioccolata (possibilmente fondente al 70% o più), senza avere sensi di colpa e, anzi, non ci sono ragioni per privarci di questo piccolo piacere che ha effetti benefici sul nostro organismo e, prima di tutto, soddisfa la nostra gola (e il nostro umore!).
Adriano Acciarino,
Ph.D. in Psicologia e Neuroscienze Sociali,
Professore a contratto di Pedagogia Generale e Sociale
BIBLIOGRAFIA
- http://www.treccani.it/enciclopedia/
- Fredholm, B. B. (2011). Methylxanthines (Handbook of Experimental Pharmacology). Springer Editor, Vol. 200.
- Grassi, D., Socci, V., Tempesta, D., Ferri, C., De Gennaro, L., Desideri, G. & Ferrara, M. (2016). Flavanol-rich chocolate acutely improves arterial function and working memory performance counteracting the effects of sleep deprivation in healthy individuals. Journal of Hypertension, 1-11.
- Hurst, W.J., Tarka Jr., S.M., Powis, T.G., Valdez Jr., F., Hester, T.R. (2002). Cacao usage by the earliest Maya civilization. Nature, 418:289–290.
- Socci, V., Tempesta, D., Desideri, G., De Gennaro, L. & Ferrara, M. (2017). Enhancing Human Cognition with Cocoa Flavonoids, Frontiers in Nutrition, 4:1-7.
- Sokolov, A. N., Pavlova, M. A., Klosterhalfen, S. & Enck, P. (2013). Chocolate and the brain: Neurobiological impact of cocoa flavanols on cognition and behaviour. Neuro. and Biobehav. Reviews, 37:2445–2453