Coldiretti ha da pochi giorni reso pubblica la Black list dei cibi più contaminati importati dall’Europa, suscitando non soltanto indignazione per il mancato rispetto delle regole e per la carenza nei controlli ma, soprattutto, preoccupazione tra i consumatori. Abbiamo raggiunto telefonicamente il dottor Rolando Mafredini, Responsabile Qualità per la Coldiretti, per fare chiarezza sui numeri di queste irregolarità e per capire quali azioni intraprendere per impedire l’ingresso nel mercato europeo di prodotti potenzialmente molto dannosi per la salute.
Da dove provengono i dati sui quali avete realizzato la “Black list dei cibi più contaminati”?
Noi di Coldiretti abbiamo realizzato questa tabella partendo dai dati pubblicati dall’Efsa (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), con rilevamenti fatti quindi su tutto il territorio europeo.
Nella grande distribuzione italiana quanto sono diffusi questi alimenti? Il consumatore ha modo di saperlo?
Non è possibile per il consumatore sapere se un’azienda usa questi alimenti. Questi prodotti sono comunque stati rilevati su suolo europeo, quindi sono già importati, ed è compito dell’Efsa e dei singoli Stati stati effettuare rigidi controlli e bloccare a monte l’ingresso di questi alimenti contaminati che, con le alte percentuali di residui chimici che hanno, non dovrebbero proprio entrare nel circuito dei nostri mercati.
Si può parlare anche di concorrenza sleale?
Beh certamente la concorrenza è sleale, perché noi abbiamo delle procedure in Europa, e in particolare in Italia, che sono molto rigide per salvaguardare la sicurezza alimentare, tant’è che l’Italia è al vertice in Europa, con un residuo che è lo 0,5% su moltissimi alimenti. Nella black list si parla di residui a due cifre.
Un sondaggio di Eurobarometro del 2010 ha rilevato che gli italiani sono i più preoccupati d’Europa quando si parla di sicurezza alimentare (ben il 20% in più della media europea), eppure la nostra produzione agricola è la più sicura e controllata di tutta la UE. Come si spiega questo paradosso?
Secondo me questo dipende dal fatto che gli italiani hanno una percezione importante dell’alimentazione, quindi sono più preoccupati dell’alimentazione insana rispetto – per esempio – delle tasse.
Gli italiani hanno posto al centro della propria vita la sana alimentazione e probabilmente un consumatore così attento ha anche contribuito lui stesso a far si che la produzione italiana si posizionasse ai vertici: io italiano mi preoccupo di più, ti controllo di più e quindi tu azienda produci in maniera più controllata e sicura.
Va poi ricordato che l’Italia produce molti prodotti di altissima qualità, DOP e IGP, famosi in tutto il mondo.
Cosa devono fare i cittadini europei per tutelarsi?
Il cittadino deve chiedere massima trasparenza, pretenderla: tuttora oltre il 50% dei prodotti alimentari, soprattutto trasformati, non hanno in etichetta l’indicazione dell’origine delle materie prime.
Lei consideri che i prodotti della black list erano tutti prodotti freschi, lì l’origine c’è, ma quando entrano nella produzione e vengono trasformati l’indicazione dell’origine scompare.
Ad oggi il 10% della produzione italiana di passata di pomodoro deriva da importazioni di pomodoro cinese. Una volta entrato nella trasformazione se ne perde l’origine e il consumatore non può più conoscerla.
Quindi bisogna pretendere dalle istituzioni la massima trasparenza imponendo la dicitura obbligatoria dell’origine delle materie prime nelle etichette, che sono il primo front office dei consumatori che permette un vero acquisto consapevole.
Quindi etichette informative e non fuorvianti come lo sono, ad esempio, le etichette a semaforo britanniche, che penalizzavano i prodotti di alta qualità a favore dei prodotti delle multinazionali.
Le etichette a semaforo hanno penalizzato il Prosciutto di Parma, il Parmigiano o l’olio d’oliva mentre davano tutte luci verdi agli edulcoranti della Coca Cola Light.
Quali sono i prossimi obiettivi della Coldiretti, soprattutto alla luce di questa black list?
Prima non abbiamo detto una cosa molto importante: la scarsa trasparenza genera un sistema di frodi e contraffazioni, se ci fosse più trasparenza verrebbero sicuramente limitate le truffe alimentari.
Quindi noi di Coldiretti continuiamo a perseguire l’obiettivo di rendere trasparente la distintività delle produzioni non solo italiane ma di tutti i Paesi.
La tracciabilità dei prodotti è fondamentale per il consumatore ma anche per le nostre imprese, che così riescono a competere realmente sul mercato, e non devono preoccuparsi della competizione sleale dei falsi alimentari che sono non soltanto un furto d’immagine ma un vero e proprio furto economico.
Grazie dottor Manfredini e buon lavoro.