Il sistema di etichettatura a semaforo sugli alimenti, in vigore nel Regno Unito dal giugno 2013, è stato concepito per informare rapidamente i consumatori su quanti sali, grassi e zuccheri contiene un prodotto, così da favorirne scelte salutari. Benché teoricamente facoltativo, la pressione del Governo e della grande distribuzione rendono molto scomoda la posizione delle aziende che non vorrebbero aderire.
Le etichette a semaforo danneggiano le esportazioni del settore agroalimentare di qualità, i cui prodotti più tipici – formaggi, prosciutto, dolci, salse, olio, pasta ripiena – vengono marchiati con un bollino rosso.
Il sistema è stato contestato in sede europea in quanto lesivo della libera concorrenza e della libera circolazione delle merci (art. 34-36 del Trattato). Il 1° ottobre, la Commissione UE ha avviato una procedura d’infrazione contro il Regno Unito con l’opposizione di soli tre Commissari su 28 (britannico, finlandese e ungherese).
Il Governo di Londra ha ora tempo e modo per rispondere alla lettera di messa in mora. Qualora le risposte non saranno soddisfacenti, la questione si risolverà davanti alla Corte di Giustizia europea.
Chi ci guadagna?
A trarne vantaggio è la grande distribuzione inglese, che beneficia della vendita dei prodotti d’imitazione. Il prezzo più basso delle imitazioni rispetto ai prodotti d’eccellenza non bastava a convincere i consumatori, che continuavano a preferire gli originali. Veicolando l’assurda informazione che le imitazioni sono anche più salutari, i retailers sono riusciti a catturare una consistente percentuale di consumatori, a danno delle vendite di prodotti di qualità dell’agro-alimentare delle varie nazioni, e quindi della salute stessa.
A beneficiare di questo sistema sono anche alcune grandi industrie che hanno pochi bollini rossi e tutti bollini verdi nelle varie versioni “dietetiche” dei loro prodotti, in quanto hanno banalmente sostituito nelle loro produzioni lo zucchero con massiccio utilizzo di aspartame e altri edulcoranti.
Il sistema rischia di espandersi anche in Europa: il Ministro della Salute francese, Marisol Touraine, ha proposto un sistema di etichettatura simile. Tra le argomentazioni, ha ricordato che l’obesità infantile colpisce più frequentemente i figli delle classi meno abbienti, ignorando deliberatamente il fatto che ciò non avviene certo a causa delle etichette, ma perché i bambini delle famiglie a basso reddito mangiano tendenzialmente cibi più economici, spesso non completi dal punto di vista nutrizionale e composti purtroppo da ingredienti meno validi.
Un esempio
Supermercato Sainsbury’s – 33 Holborn London EC1N 2HT
Questi due prodotti sono esposti uno di fianco all’altro.
Il prodotto a destra, senza marchio di qualità né certificazione del Consorzio, ha indicazioni semaforiche migliori e un prezzo inferiore.
Il consumatore viene quindi erroneamente indotto a ritenere la sottomarca non solo più conveniente ma anche più salutare.
Perchè dire no?
Ideato per consentire – solo apparentemente – scelte più salutiste ai consumatori, il sistema dei Semafori Alimentari presenta evidenti problemi:
A) non fa differenziazioni tra tipi di prodotti e non si basa sulle quantità consumate ma sul parametro fisso di 100 grammi, marchiando quindi col semaforo rosso persino l’olio d’oliva, come se fosse una “bibita” e non un condimento (chi mai berrebbe 100 millilitri di olio d’oliva…?);
B) permette alle “sottomarche” di avere indicazioni semaforiche migliori dei prodotti DOP e IGP, grazie alla possibilità di riformulare e rimpiazzare alcuni ingredienti con sostitutivi artificiali, quelli si potenzialmente dannosi per la salute;
C) crea paradossi assurdi, come il fatto che alcune bevande industriali gassate “Diet” appaiano come più sane del latte;
D) più che informare, “indirizza” i consumatori, condizionandone le decisioni, data l’analogia col semaforo stradale: rosso significa stop, quindi “non comprare assolutamente”. I sondaggi confermano che i consumatori tendono ad astenersi dall’acquisto quando vedono il bollino rosso.