Una dieta salutare oltre a prevenire sovrappeso e obesità, previene soprattutto l’insorgenza delle malattie cronico-degenerative. L’obiettivo odierno dell’ONU si fa più pressante che mai per l’incremento dell’incidenza di malattie croniche non trasmissibili nel mondo, ma sono le raccomandazioni alimentari di sempre, che si mantengono identiche da quando esistono. Non può che essere condiviso, quindi, l’impegno sovranazionale a mettere in atto politiche per la riduzione dei principali (anche se non unici) indiziati, ossia calorie, grassi, sale, alcol e zuccheri.
Attenzione, però: la ricerca in quest’ambito ha pressoché unanimemente stabilito che è il pattern dietetico nella sua globalità ad essere protettivo per la salute, più che un singolo alimento o addirittura un singolo ingrediente. Infatti, è possibile – ed auspicabile – costruire diete e profili alimentari che comprendano tutti gli alimenti nelle corrette quantità e frequenze di consumo e, se ci si attiene ad essi, si possono predisporre piani alimentari completi ed equilibrati, secondo i criteri di cultura e tradizione del nostro Paese.
Di fatto, anticipando alcune raccomandazioni delle prossime Linee Guida italiane per una sana alimentazione, che sono basate sul modello alimentare mediterraneo, emergono chiaramente posizioni analoghe a tali indicazioni internazionali:
Una dieta salutare è quella basata sulle componenti vegetali, per cui è importantissimo promuovere in tutte le fasce di età il consumo di frutta, verdura, cereali integrali e legumi, in considerazione del loro ruolo per la protezione della salute.
È opportuno riequilibrare il consumo di prodotti quali carne, formaggi e, in genere, di tutti gli alimenti ad elevata densità energetica. In una dieta, la cui base sia costituita da frutta, verdura, cereali integrali e legumi, possono entrare anche tutti gli altri alimenti, proprio perché non ci sarà così tanto spazio da consentire gli eccessi.
È necessario limitare la assunzione di fonti di zuccheri, sale, alcol e grassi.
In questo quadro, quindi, c’è spazio per tutto, senza la demonizzazione o la preclusione di alimenti specifici. C’è da tenere in considerazione, infatti, che non esiste – né può esistere – l’alimento nutrizionalmente perfetto in sé. L’equilibrio complessivo della dieta – e il corretto stato di salute che ne deriva – richiede il concorso di una vasta serie di alimenti, alcuni dei quali possono essere molto ricchi di grasso, altri di sale ed altri ancora di zucchero, che però si diluiscono all’interno di una dieta globale, integrandosi e fondendosi per dare tutto il ventaglio possibile di nutrienti. Ovunque nel mondo, le Linee Guida stanno abbandonando il vecchio concetto basato sull’attenzione ai nutrienti e si stanno giustamente spostando verso gli alimenti e i modelli alimentari.
Purtroppo, anche per assecondare i moderni stili di vita, che non riservano il giusto spazio ad una adeguata attività fisica e al mantenimento di un corretto comportamento alimentare, si sono diffuse prescrizioni di diete che promettono risultati immediati, basate su pochi alimenti o che fanno ricorso ad integratori alimentari o ai cosiddetti «superfood». E così come risulta fallace la convinzione che possa esistere l’alimento «magico», in grado di porre rimedio da solo ai danni derivanti da un’alimentazione scorretta, allo stesso modo deve ritenersi errata la credenza che basti rimuovere un alimento dalla dieta per sanare gli squilibri alimentari che oggi stanno determinando la crescita di malattie legate all’obesità e al sovrappeso.
Per quanto detto finora, ipotesi di schemi di deterrenza al consumo di alcuni alimenti basati sulla tassazione, oltre che diseducativi, appaiono incoerenti con gli obiettivi dell’educazione alimentare e con le conoscenze attuali nel campo della nutrizione. Ciò è tanto più vero se si considera che uno dei principali fattori di ostacolo all’accesso a regimi alimentari sani sembra essere la condizione reddituale delle famiglie. In uno dei più importanti studi realizzati in Italia sulla relazione tra benessere economico e alimentazione, emerge forte la difficoltà delle famiglie meno abbienti ad aderire alla dieta mediterranea. Tale correlazione sarebbe sia diretta, ovvero tra capacità reddituale e costo di un’alimentazione varia e di qualità, sia mediata dal fatto che, a condizioni di reddito più basse, sono associati livelli di educazione inferiori. Si spiegherebbe così il paradosso per cui nel nostro Paese, i fenomeni di sovrappeso e obesità, soprattutto infantile, sono maggiormente concentrati nel Mezzogiorno, patria della dieta mediterranea.
Di conseguenza, ben più efficaci per contrastare i fenomeni in discussione sono le campagne di informazione e di educazione alimentare. Vi è una chiara dimostrazione del fatto che maggiore è la consapevolezza della gente sulle relazioni tra alimentazione e salute e migliore è lo stato di nutrizione delle popolazioni. Questo sia perché chi è più informato risulta meno influenzabile da proposte miracolistiche di diete alla moda, sia perché una maggiore attenzione dei consumatori nei confronti dell’alimentazione induce anche i produttori a prestare molta più cura nella qualità, salubrità e sostenibilità degli alimenti immessi sul mercato.
Sono quindi importanti tutte le strategie educative finalizzate alla promozione di una sana alimentazione. E questa, in Italia, coincide con la tradizione mediterranea che, però, non è la somma di questo o quel prodotto, ma uno stile alimentare globale, mai eccessivo dal punto di vista calorico, con tanti alimenti vegetali che lascino spazio, evitando gli eccessi, a quelli di origine animale, necessari comunque alla completezza e all’equilibrio della dieta.
Scelte alimentari più consapevoli possono essere favorite anche da una corretta etichettatura – chiara ed adeguatamente informativa – basata sulle porzioni realmente consumate e che non induca in errore il consumatore con una troppo facile categorizzazione degli alimenti in buoni o cattivi.
Per combattere efficacemente sovrappeso ed obesità più che demonizzare questo o quel prodotto alimentare, occorre puntare al miglioramento complessivo della dieta, con azioni mirate alla promozione di quegli alimenti (frutta, verdura, cereali integrali e legumi) il cui consumo è in grado di togliere spazio ad altri prodotti, senza però dovervi rinunciare e senza quindi privarsi delle loro proprietà benefiche, come invece potrebbe accadere se si adottasse una politica di categorizzazione o tassazione. Ma c’è di più: se si considera che le classi di reddito più basse sono quelle più a rischio, una politica basata sul disincentivo fiscale di alcuni prodotti potrebbe risultare altamente regressiva, acuendo il problema anziché attenuarlo. Sarebbe invece interessante sperimentare campagne di educazione alimentare associate a forme di accesso agevolato a schemi di dieta corretti, che consentano soprattutto ai nuclei familiari meno abbienti di spostarsi su regimi dietetici ottimali, partendo dalle azioni già adottate a livello europeo con le iniziative di Frutta, Verdura e Latte nelle Scuole e integrandole con agevolazioni per favorire l’attività fisica e il consumo di cibi sostenibili e di qualità.
Una volta ricondotta la discussione su questi temi all’interno delle conoscenze effettivamente disponibili nel campo della nutrizione, gli strumenti individuati per fronteggiare le cattive abitudini alimentari non potranno che favorire le produzioni di qualità che contraddistinguono il nostro Made in Italy. Diversamente, iniziative che ripercorrano scelte discutibili come quelle delle etichette a semaforo, non potranno che danneggiare produzioni caratteristiche, oltretutto senza apportare alcun vantaggio per la salute pubblica.
Salvatore Parlato, presidente CREA
Andrea Ghiselli e Laura Rossi, CREA Alimenti e Nutrizione, Coordinamento Linee Guida Sana Alimentazione
Link al comunicato originale: http://www.crea.gov.it/it/CREA_comunicati-stampa/CREA_comunicato_27-luglio-2018_posizione-tasse-alimenti